#Nonleggeteilibri – ‘La casa dei Krull’, immenso Simenon!
La casa dei Krull (titolo originale: Chez Krull) di Georges Simenon – Adelphi 2017 traduzione di Simona Mambrini, € 19,00 isbn 9788845931383 e-book € 9,99 – disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
I Krull, tedeschi naturalizzati francesi, sono grandi lavoratori, sono una gran famiglia, hanno una casa ordinaria ma spaziosa e ben tenuta, hanno valori, voglia di lavorare e forse sono anche pii, ma restano…stranieri. Nella loro abitudinarietà casalinga, marito, moglie, figli giovani, s’inserisce un parente dalla natia Germania, il giovane nipote Hans. Spregiudicato, scanzonato, senza voglia di fare nulla ma interessato a tutto: alla giovane sognante cugina, ma anche agli indaffarati zii che conducono un emporio vicino alle chiuse, ridottosi a servire solo marinai forestieri visto che i francesi non si servono da tedeschi. Interessato anche agli altri cugini, all’apparenza zeppi di virtù cardinali, a ben vedere ben assestati in un binario predefinito che forse non aspettano altro che abbandonare…Così Simenon, nel 1939, scrive il romanzo nel quale, in maniera inquietante, si sentono ‘battere’ i ritmi e risuonare le atmosfere d’una casa borghese (ricordate questa ‘musica’ ne Il borgomastro di Furnes?) ma quasi come una campana a morto per la categoria tutta ‘i borghesi’, desiderosi di stare al largo da sorprese quanto il popolino che gli si fa attorno desidera vederli ricoperti di fango. Questi ‘stranieri’ non hanno niente a che vedere con gli odierni ‘intrusi’ che si pensa di disprezzare perché poveri, male in arnese e senza lavoro, ma la loro convivenza con i natii, all’apparenza ormai riuscita dopo tanti anni, sarà messa a dura prova dalla violenza e seguente uccisione d’una adolescente figlia del popolino di cui sarà presto incolpato il loro figlio. I Krull, stranieri nella patria che credono di abitare, male accolgono, a loro volta, il parente oriundo, reo di non essere proprio uno stinco di santo, ma al quale non riescono ad opporre più che disprezzo, finché lo stanco capofamiglia sconterà suo malgrado il destino di senza terra che la famiglia tutta non è mai riuscita ad affrontare. Sembra difficile (lo sarà sembrato ancor di più negli anni immediatamente successivi la pubblicazione del romanzo), provare un po’ di compassione per questi tedeschi che presto il nazional socialismo porterà alla ribalta della storia nella scrittura delle pagine più nere del ‘900, ma il loro dramma familiare e personale, di ciascun membro della famiglia, riesce a venire prima della loro nazionalità: l’insipienza con la quale hanno sostituito la laboriosità all’isolamento, credendo sarebbe bastata quella, e il ‘buonsensismo’ all’intuito, li rende degni di pietà mentre la loro sofferenza ed il dramma si condensano ed esprimono nel silenzioso cupo capofamiglia… (Serena Grizi)
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