#Nonleggeteilibri – La bontà, nel XXI secolo…
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
(Serena Grizi) Bontà di Walter Siti, Einaudi 2018 € 13,00 isbn 9788806238582 e-book € 7,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Ugo non si piace, non ama il proprio nome, non gli è mai piaciuta la propria fisicità e non è riuscito a diventare un grande scrittore come avrebbe voluto. Riesce però a diventare editor in una casa editrice, costretto alla lettura ‘per sempre’. È piuttosto ricco ed ormai prossimo alla pensione ma sembra divenuto incapace di distinguere tra il bene e il male, come accade spesso in una società dove il relativizzarsi d’ogni situazione, affetto, conoscenza, è divenuto un problema morale col quale fare i conti di volta in volta. Siti, in questo breve romanzo, ci mette davanti un personaggio probabile e romanzesco, uno che si segue volentieri immaginandone le spalle leggermente curve e i vestiti di buona sartoria. Propone una storia certamente più letteraria e meno incredibile delle molte che Ugo stesso legge per la casa editrice, che di conseguenza leggiamo anche noi: quelle di autori che andrebbero a comporre il quadro della letteratura contemporanea; i tanti (troppi) autori che attendono di far uscire il loro lavoro dal cassetto, ma ai quali sembra mancare, davvero, ‘un’originalità esistenziale’. Ormai, esperienze possibili a molti come i viaggi per il mondo, il contatto con macro contraddizioni, il desiderio di cose tutte uguali che si vogliono quando non se ne sono ottenute altre, pare disegnare coscienze conformiste, fabbricando orizzonti letterari comuni a molti. Siti, oltre la storia di Ugo sembra trascinarci su questo suo territorio: ci sono passaggi nel suo flusso di coscienza, nella descrizione di ciò che vede, tratti col lessico e lo sguardo di chi conosce una vita altra, d’élite certo, dallo sguardo cinico a momenti, ma volta al particolare (in copertina un quadro secentesco di Evaristo Baschenis, il pittore che dipingeva magnificamente nature morte di strumenti musicali, ma più di tutti sapeva dipingere…la polvere – e quindi la luce?). Ugo, però, ormai incapace di distinguere, pur tra le raffinatezze, manda al diavolo proprio chi dovrebbe tenersi caro e nonostante la propria profonda esperienza liquida come insulsi e noiosi quelli che poi saranno pronti a tendergli la mano. Senza alcuna retorica, ma semplicemente perché ne avrà un gran bisogno, lui che credeva di poter giocare a piacimento col destino…: «molti alberi giacciono di traverso alla battigia e sembrano morti, ma se si osserva bene si scopre che nuovi polloni stanno già spuntando perpendicolari e in alcuni casi hanno formato cespugli rigogliosi, apparentemente estranei al moncone con le radici all’aria. (…) Dunque vivere è un dovere a cui mi sto sottraendo, si rimprovera Ugo, ma (consolandosi) la vita è ben poca cosa se a desiderarla in un modo tanto commovente e spasmodico sono esseri senza ragione né sentimento».
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