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#Nonleggeteilibri – La bicicletta di Einstein: dalla relatività alla vita ‘qualunque’ del genio 

#Nonleggeteilibri – La bicicletta di Einstein: dalla relatività alla vita ‘qualunque’ del genio 
Dicembre 12
12:16 2020

«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)

(Serena Grizi) La bicicletta di Einstein (titolo originale: Le pays qu’habitait Albert Einstein) di Étienne Klein, Tea 2019 traduzione di Francesco Bruno € 10,00 isbn 9788850254330 e-book € 9,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net

L’autore, un fisico non alla sua prima fatica libraria, è capace di divulgare concetti complessi come il lavoro che condusse alla teoria della relatività e sue conseguenze, subito comprese o meno dallo stesso Albert Einstein o dai suoi contemporanei, ma non con approccio meramente letterario, d’altronde, scrive: «Einstein appartiene alla comunità degli scienziati che hanno aperto la via alla comprensione del pensiero in quanto intelligenza non verbale, una via che fu a lungo intralciata dal dogma linguistico della concordanza fa significato e significante». Klein, volenterosamente, da principio intraprende un viaggio in bicicletta e poi, abbandonando l’impresa ‘titanica’, prosegue tra le città europee che videro vari momenti della vita di Einstein: Aarau, Zurigo, Berna, Praga fino all’ultima prima di partire per l’America, De Haan, la cittadina costiera del Belgio chiamata dall’autore col nome francese Le Coq sur Mer. In alcuni luoghi il passaggio del grande scienziato risulta ormai sbiadito, ma l’autore si pone all’’ascolto’ di una storia ricostruita fra frammenti di lettere alla famiglia e ai colleghi, interviste, osservazioni nei luoghi e con gli stessi paesaggi descritti da Einstein; attraverso un’analisi storica non troppo serrata, ma inventando un colloquio impossibile tra il tedesco e  Galileo, ricalcando quasi lo sguardo compreso ma allo stesso modo leggero che sembrerebbe aver caratterizzato Einstein. Klein non dimentica di narrare la personalità amatissima dell’uomo e dello studioso mai prono ai ruoli, alle cariche, alla burocrazia, amante delle gite in barca sul lago di Zurigo, e della musica che esprime suonando Mozart col violino e condividendo concerti in amicizia con altri scienziati; vicino ai propri affetti familiari e non solo e che scriveva: «Com’è strano il destino di noi mortali. Siamo qui per un breve soggiorno e per una ragione che ignoriamo, anche se a volte crediamo do percepirla. La vita quotidiana c’insegna però che viviamo per gli altri, in primo luogo per coloro i cui sorrisi e il cui benessere sono essenziali alla nostra felicità».

In realtà fu un ragazzino che parlò tardi e sembrava guardare il mondo, attitudine poi mantenuta nel corso della sua esistenza, dall’esterno con un particolare sguardo che gli permise di prefigurare mentalmente gli scenari dentro cui muovere le proprie teorie già prima di verificarne ogni recesso tramite i calcoli appropriati. Proprio la sua capacità di astrazione, assieme ad una presunta freddezza, scambiata in qualche caso per anaffettività (il segno probabile d’una forte razionalità che non voleva tenere troppo conto delle ansie altrui), sostennero le sue speculazioni: «(…) L’adulto normale non si sofferma mai a lungo sui problemi di spazio e tempo. A parer suo, tutto ciò che si deve pensare a tale proposito è già stato elaborato quand’era bambino. Io, però, mi sono sviluppato così lentamente che ho cominciato a interrogarmi sullo spazio e sul tempo soltanto una volta diventato adulto. (…) mi sono immerso nel problema più a fondo di quanto avrebbe fatto un bambino qualunque».  Questa libertà nei confronti delle percezioni altrui, spesso così distanti dalle sue, la mantenne anche negli ultimi giorni della sua vita in Europa, prima di partire definitivamente per l’America, mentre si trovava a Le Coq e le sue posizioni su Hitler lo fecero diventare  ‘ospite indesiderato’ e non solo in Germania: «La sicurezza è insopportabile – dichiarò ad una rivista – dei poliziotti dormono per le scale, i servizi speciali pattugliano il giardino e mia moglie è terribilmente preoccupata».

Ne risulta il ritratto d’una personalità complessa, in parte monca se letta lontana dall’immane lavoro scientifico che produsse; capace, a detta di Klein, di molti interessi sia culturali che umani che crearono, laddove il desiderio non era di avere una patria ma essere cittadino del mondo, un vero ‘paese dell’immaginazione’. Un luogo dal quale elevarsi e smettere di «muoversi nelle zone basse».

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