#Nonleggeteilibri – Il romanzo di Gregorio: genesi de “L’angelo” e ritrovare Biamonti (moltiplicato)
(Serena Grizi) Il romanzo di Gregorio – testi e materiali preparatori verso “L’angelo di Avrigue” di Francesco Biamonti a cura di Simona Morando, Il Canneto Editore ed. 2015 € 18,00 isbn 9788896430965 e-book NO. NON Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Simona Morando, ricercatrice di Letteratura Italiana presso l’Università di Genova, lavorando fra la copiosa documentazione preparatoria alle stesure de L’angelo di Avrigue, conservate in quella che è divenuta la casa museo/Centro Studi Francesco Biamonti, mostra come sotto quel titolo, quel libro conosciuto, ne sia celato un altro, o più di uno, in parte convergente con L’angelo, in parte diverso, Il romanzo di Gregorio. Nella prima parte è illustrata la metodologia di ricerca che in sostanza potrebbe rendere lo scritto di Francesco Biamonti ‘più vero del vero’, o meglio, presentarci la voce dell’autore prima di ogni mediazione, prima che egli stesso diventasse autore Einaudi, prima delle parole favorevoli di Italo Calvino su di lui. Ma da uno studio critico, proprio perché tale, ci si aspetterebbe una ricostruzione un po’ più ‘freddina’ del romanzo. In realtà, fra queste stesure, varcando solo la prima pagina, come fosse la porta del mondo Biamontiano o l’arco di Avrigue, il ‘solito’ raggio di luce dal mare investe il lettore come ai tempi d’oro in cui si apriva un titolo di Biamonti fresco di stampa. La commozione, proseguendo fra le righe, diviene fortissima perché qui si rincontrano, potenziati, tutti i motivi che lo hanno fatto amare ai suoi lettori. Il paesaggio, frutto delle frequentazioni pittoriche e filosofiche di Biamonti e la parola «scabra ed essenziale» che reifica fin sulla pagina, donandocene la dolcezza, il lucore del mare, l’argento degli ulivi e l’aspro dell’abbandono d’una terra, la Liguria che, oggi lo sappiamo tristemente ‘dalle cronache dal maltempo’, rende indietro quella sorta di tradimento ricevuto nel suo rapporto antico con l’uomo. Un uomo faber che conduceva il territorio (terrazze, fasce, muretti) e che lo abbandonò in favore d’una costa più viva, più facile. La vitalità dei suoi personaggi che amano i ritrovi, i bar, come quello dell’Olandese, e le ombre di umani che lo frequentano, divengono simbolico luogo d’incontro tra la costa che insegue ‘progresso’ e male di vivere (solo per chi ne vuole leggere i segni) e le alture perse nella loro pace, apparentemente nell’immutabilità, sulle quali la natura è padrona di disinteressarsi completamente all’uomo; fino alle porte dei paesi alti ormai abbandonati su fra i coltivi, senza più contadini, nei quali la natura inscena la sua maestosa meraviglia ogni giorno, anche non goduta da alcuno. Questo vede Gregorio tornato dopo mesi, anni di mare. Riprende contatto con una disperazione e un non senso che da lontano gli parevano l’eden….La generazione di Gregorio non può dimenticare la prima guerra mondiale che nomina di continuo, ma forse, ancora di più, non dimentica lo sterminio di esseri viventi della seconda guerra che, invece, mai viene nominata perché semplicemente innominabile. Vivono, davvero, tra le pagine, Edoardo, Lora, il giovane e sfortunato Jean Pierre e molte ombre che percorrono senza sosta le colline, misteriose. Un medico incontrato a Nizza, innamorato ma lontano dalla consorte, sarà utile a Gregorio per ‘capire’, perché egli riesce a leggere i destini lontani da sé, non quelli delle persone cui vuole bene. Malessere ma anche senso d’infinito rendono impossibile ai viventi leggere perfino la cronaca ‘annunciata’ d’una morte, perno del libro. Da questo studio il ‘mistero’ attorno a L’angelo, se possibile, esce rafforzato e più fitto. Ne farebbe un bel film il regista Marco Bellocchio, forse, sarebbe una bella scommessa. La bellezza di questo lavoro critico pone molte domande: da cosa ne è stato di tutte le scritture e riscritture attorno ai capolavori di molte epoche nelle quali si pesa, finalmente, il valore assoluto della parola esatta, quella che non si può lasciare andare; a cosa ne sarà d’una cultura con molte meno tracce su carta (poiché esiste molta scrittura digitale ma non sappiamo per quanto questa resterà leggibile…). Leggendo ciò che accade a San Biagio della Cima attorno alle parole dello scrittore Biamonti ci si sorprende: a diciotto anni dalla sua scomparsa un mondo di artisti, lettori, viaggiatori, continua a salire dal mare su per le colline, a oltrepassare gli archi di antichi paesi, per cercare, per vedere ciò che l’autore ha mostrato nei suoi pochi titoli, in quei libri d’una vita, oggi vivi più che mai.
Altre tracce:
https://variazioni286450722.wordpress.com/2019/10/04/il-tuo-delirio-sale-agli-astri-ormai/
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