#Nonleggeteilibri – Il desiderio di essere come tutti, vent’anni di sorrisi e lacrime
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
(Serena Grizi) il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo, Einaudi ed. 2018 € 12,00 isbn 9788806239466 e-book € 3,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Trainato da una scrittura, stile e sintassi, disarmante per semplicità, volta a non evitare lunghe circonlocuzioni, quasi come nel parlato quando si crede di rischiare di non essere capiti, Il desiderio di essere come tutti riesce nel suo tentativo di riportarci ad un tempo dove si parlava molto più di oggi. Ci si spiegava, la parola non poteva essere elusa con emoticon o meme, e c’era molto da dire, come oggi forse, ma era necessità condivisa e non inteso quale rumore di fondo a ‘disturbare’ il silenzio dell’elettronica-social. L’autore diventa grande partecipando all’avventura di introdursi nello spettacolare parco della Reggia di Caserta per andare a…saccheggiare il frigo che custodiva bevande e gelati per i turisti. Solo che la realtà va in corto circuito con la lunga storia delle pietre, con la luce del tramonto che acuisce il mistero d’un parco tanto grande, con la mitica fontana di Diana e Atteone: il ragazzino, per qualche attimo, percepisce il prolungarsi della storia attraverso le brevi vite umane, l’esistenza d’un mondo ‘importante’ oltre se stesso. Atteone, poi, diventa simbolo di chi spia non visto: Atteone è il fotografo che cercherà di catturare la breve prigionia di Sophia Loren nel penitenziario locale; di coloro che a torto o a ragione cercheranno la stortura nelle vite degli uomini pubblici. Fra questi Camilla Cederna che scriverà dell’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, non solo per dirne la pochezza personale ma coinvolgendo nel racconto tutta la famiglia. Qui comincia il disagio del ‘comunista imperfetto’: Camilla Cederna fu una grande giornalista e se si era di sinistra, militanti, non si poteva non condividerne l’analisi del personaggio Leone. Ma il giovane cresciuto in una famiglia borghese, democristiana, una volta diventato comunista non se la sentirebbe ancora d’accettare per oro colato tutto quel che gli viene sottoposto come verità vera. Finisce per essere inviso alla famiglia democristiana in quanto comunista, e ai possibili compagni comunisti perché di veduta borghese e, se non borghese, evidentemente troppo accorta per la lotta militante. L’umorismo che scaturisce dai contrasti è godibilissimi, sicuramente per i nati entro la metà degli anni ’60 o poco più, (Piccolo è del ’64) oltre che dal lettore catturato da questa storia d’una ‘educazione politica autodidatta’ tra comicità e momenti molto forti come la fine dell’orizzonte del compromesso storico, con la morte odiosa di Moro e poi quella improvvisa di Enrico Berlinguer.
Era Berlusconi. Piccolo s’è ormai ‘allenato’ ad essere intellettuale impegnato, ha mollato le amicizie del bar e s’è trasferito a Roma, scrive. L’arrivo del Biscione lo coglie di sorpresa, ma meno di lui la ragazza che frequenta. Berlusconi va anche alla Reggia di Caserta, di sera, è un galà per il G7, comincia l’infelice pantomima delle battute piccanti. Ora è Berlusconi a vestire i panni di Atteone che scruta Diana, ovvero l’autore e quelli come lui, quelli che hanno voluto la fine di Craxi, il politico ‘impuro’ quello del ‘progresso’ che voleva che l’Italia dimenticasse Moro e Berlinguer e che, invece, finisce dimenticato. Nèmesi. L’autore da qui in poi sembra tornare a quel vecchio adagio che dice che da giovani si può essere comunisti (e idealisti, puri) mentre gli adulti devono necessariamente spostarsi un po’ al centro, scelgono il compromesso, il dialogo, abbandonano la purezza e l’idealismo e crescono. Sarà. Per descrivere la transizione scrive altre cento pagine: godibili perché c’è il paragone fine, il richiamo al momento giusto di quella bella immagine della fontana di Caserta che da sola racconta una storia, altri personalissimi riferimenti culturali. Quel che non può fare, cercando di distruggere la posizione ‘d’arroccamento elitario’ della sinistra post Berlinguer è parlare di fatti storici importanti perché lì dovrebbe andare a toccare le reali differenze che esistono (esistevano?) nel Paese fra i vari schieramenti politici fino all’avvento del Caimano, le quali differenze hanno prodotto questa storia che ci è toccata e non il contrario. Sembra voglia insegnare che oltre il colore politico, in fondo, siamo tutte persone con le nostre gioie ed i nostri dolori. Ma non era già chiaro? E allora forse Piccolo ci racconta come c’è arrivato lui a questa conclusione. Un po’ di qualunquismo, è vero, serve per sopravvivere in questo mondo, essere dentro le cose, ‘impuri’, partecipi, ci fa vivere, ma sentirsi troppo stretti in una compagine politica, forse, suggerisce anche altro… Chissà se il libro avrà un seguito.
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