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#Nonleggeteilibri – Hotel del Gran Cervo, atmosfere ‘nere’ alle Ardenne ed un ‘cold case’

#Nonleggeteilibri – Hotel del Gran Cervo, atmosfere ‘nere’ alle Ardenne ed un ‘cold case’
Febbraio 24
11:44 2021

«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)

(Serena Grizi) Hotel del Gran Cervo (titolo originale: Hotel Du Grand Cerf) di Franz Bartelt, Feltrinelli 2018 traduzione di Elena Cappellini € 9,50 isbn 9788807893926 e-book € 6,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net

Franz Bartelt è autore delle Ardenne con all’attivo decine di titoli. Non è subito facile entrare nel suo mondo, nel suo noir (nello specifico un polar, poliziesco/noir caratterizzato dalla introspezione dei personaggi) fatto di brava gente che lavora e pensa ai fatti suoi. Non è facile anche perché dalle prime pagine scaraventa il lettore nel mezzo dell’azione. Nel paesino di Reugny c’è la giovane Anne-Sophie Londroit che stanca d’una nonna invalida ma alquanto tiranna che tiene in mano i destini suoi e di sua madre legati all’hotel del titolo, se ne va verso il Belvedere più alto del territorio che abita col fido motorino che la porta dappertutto. Questa, invece di restare una puntatina per scaricare i nervi, diventerà una sparizione vera e propria, e anche quando non lo sarà più tutti continueranno a crederla tale. Convergono nella piccola comunità vecchie storie familiari e nuove, come quella di Freddy, la testa calda del paese, che porta con sé la sua ultima fiamma, Sylvie una bella ragazza che poi diventerà la tassista del paese, e la sposa; quella del ricco Richard Lépine, col suo Centro motivazionale, amato e odiato perché ricco com’è aiuta tutti ma ne conosce ogni debolezza; la storia del giovane Nicolas Tèque che raccoglie materiale per un futuro film documentario su un cold case, con delitto che accadde proprio al Gran Cervo, di due vecchie glorie amatissime del cinema, Rosa Gulingen e Armand Grétry. Tra la sparizione della ragazza con tutto il motorino e due omicidi all’apparenza inspiegabili arriva a Reugny l’ispettore Vertigo Kulbertus: ingombrante già nel nome, bulimico, amante di battute e situazioni al limite del volgare; per sua definizione un mediocre tra mediocri che non fa certo caso all’etichetta, ma può restare simpatico distinguendosi in quel ‘plotone’ di ispettori o vice oramai presenti in molte storie, tutti d’un pezzo e ‘piacioni’ e quindi a loro modo conformisti. Beve pinte di birra, consuma montagne di patatine fritte nell’attesa che chi deve reagisca alle sue trappole psicologiche, e trova anche il tempo di ragionare col placido Nicolas a proposito delle vecchie stelle del cinema. La terza storia del romanzo prende il via dallo scompaginamento che la Seconda Guerra Mondiale portò in molte vite, anche quelle che fino ad allora potevano ritenersi fortunate e poi proromperà a pieno titolo nel presente senza risparmiare ricordi terribili e altre perdite dolorose alla comunità di Reugny. Essendo nel suo specifico un polar il romanzo consente di entrare nelle vicende d’ogni personaggio le quali si disveleranno fino in fondo al lettore, in questo ritenuto fortunato secondo un simpatico gioco di specchi messo in campo da Kulbertus, poiché lo stesso dice che solo nei romanzi è possibile conoscere il finale d’una storia per quanto intricata. O no?

 

 

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