#Nonleggeteilibri – “Contro l’impegno”, il Bene che non fa bene alla letteratura
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
(Serena Grizi) Contro l’impegno – Riflessioni sul Bene in letteratura di Walter Siti, Rizzoli ed. 2021 € 14,00 isbn 9788817156318 e-book € 9,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR https://sbcr.comperio.it/
Walter Siti, stavolta, nell’agile saggio Contro l’impegno, si propone di rispolverare i ‘vecchi’ strumenti’ della critica letteraria per sondare l’effettivo impegno e tendenza al bene di molte opere contemporanee tra le più lette. O meglio: ciò che gli autori di molti best seller si propongono di fare: ‘riparare’ attraverso la letteratura le molte storture d’una società che pare aver dimenticato l’etica, la morale, o anche solo le buone pratiche affinché questa e le sue istituzioni funzionino al meglio. E poi: siffatte opere, con intento impegnato moraleggiante, possono essere ancora annoverate fra le opere letterarie laddove la letteratura, che tende ad essere più matrigna che madre, esercita il proprio influsso non tanto e non solo per impartire lezioni ma anche per far perdere la strada, in un ricomporsi narrativo e morale che non è tutto sotto il diretto controllo dell’autore? Così facendo Siti analizza l’opera fin qui conosciuta di Roberto Saviano, di Michela Murgia, di Gianrico Carofiglio, per quanto riguarda l’impegno progressista; alcuni scritti di Giampaolo Pansa, Oriana Fallaci e Pietrangelo Buttafuoco per l’impegno conservatore, mostrandoci con dovizia di argomentazioni dov’è che i nostri riescono e dove falliscono. Nello sguardo del critico anche la parabola umana degli autori: dalle esistenze più ‘ordinarie’ alla straordinaria vita sotto scorta di Saviano, alla Fallaci, quasi testimone oculare del crollo delle Torri Gemelle. Poi indaga anche l’ottimo Emmanuel Carrère con Vite che non sono la mia e il suo metaromanzo nel quale l’osservatore non si mette al centro, né come punto di vista né come personaggio, ed accetta la morale alterna dei giorni in un mondo in cui è impensabile mettere in fila i fatti ed i comportamenti per ottenere una desiderata (da chi??) perfezione o sponda di quiete, di giustizia. Il punto di partenza nel viaggio tra questi libri potrebbe essere Riparare i viventi della francese Maylis de Kerangal, la quale sembrerebbe assurgere a manifesto del desiderio di cui si diceva in apertura, anche lei più capace di molti di mettere in campo i simboli e di scrivere una storia che non cerca perfezioni del mondo impossibili.
Walter Siti dimostra, anche attraverso le sue letture di formazione, (Pasolini, Dante, Brecht) quanto il cuore della grande letteratura sia fatto di ragioni cercate nello scrivere, di personaggi che ‘divengono’ ancora nel trascorrere delle epoche, attraverso storie dal finale sfuggente ad una qualsivoglia quadratura. In Dante ricorda “il dittatore che ditta dentro”, «una subordinazione e una passività dell’impegno rispetto al farsi concavi per accogliere una Parola che non conosciamo ancora e non ci appartiene», citando poi anche Calvino che cita Dante riguardo a “Poi piovve dentro a l’alta fantasia” (Purgatorio XVII, 25), «verso da cui si impara che la fantasia è un posto dove ci piove dentro», uno dei passaggi più belli del libro perché consente di collegare in un grandioso affresco molte epoche letterarie (se queste righe confondono, il libro è invece molto chiaro) e riconciliano anche con la letteratura perché se è vero che si naviga in un grande mare, c’è ancora qualcuno capace di navigarlo tracciando la rotta anche per gli altri (il qualcuno in questo caso è il Siti critico). Un certo attuale revisionismo infarcito di politicamente corretto e buone pratiche pretenderebbe di andare a giudicare di nuovo le epoche passate, personaggi storici, libri e altre opere d’arte: un pensiero conformista che rappresenterebbe la morte della letteratura e dell’arte figlie del loro tempo ma capaci con la loro genialità di travalicare la propria epoca per la loro abilità di parlare a lungo, a molti pubblici diversi. L’autore può (deve?), navigare attraverso i propri tempi credendo a tratti di rappresentare una bussola ed infine abbandonare anche questa idea. Siti punta diretto al cuore del problema anche quando analizza gli script sottesi ai talk show e ad altri programmi della tv generalista e quando nell’analizzare la rivoluzione comunicativa in atto cita The Game di Alessandro Baricco: nella rete web la verità sembra non trovare esattamente posto perché più sedentaria rispetto all’elemento/ambiente instabile nel quale si trova a galleggiare; ma per altri versi anche un romanzo (meta romanzo a questo punto) mal si presta ad essere utilizzato come un lungo post nel quale far esprimere a più personaggi le istanze dell’autore. La ‘verità’ che alcuni scrittori engagé sentono di possedere tentando di trasmetterla attraverso i loro scritti li può fare saccenti più che noiosi: «Temo che il neoimpegno sia soltanto il sintomo di una mutazione genetica che sta proprio cambiando il rapporto con le parole: non c’è più il silenzio necessario per essere parlati (nell’antica letteratura orale, si invocava la Musa)»; e poi prosegue temendo per se stesso di essere il custode di uova di dinosauro ormai fossili, ma in questa pubblicazione mette in campo competenze sulla scrittura televisiva e raffronti con prodotti popolari, eppure scritti, come i programmi della D’Urso che mettono in scena famiglia e famiglie e finti scandali da tarda serata raccontando a modo loro un pezzo di Paese. Cosa sembra consentirci davvero quest’epoca: di poter fruire e raffrontare molte scritture diverse (libri, programmi, post, podcast, serie tv) ma di poterne esaminarne i differenti linguaggi con accuratezza usando gli strumenti culturali per cercare collegamenti interessanti dove possibile. Per la letteratura, chissà…
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