#Nonleggeteilibri – Céline e le amiche
Lettere alle amiche (titolo originale: Lettres à des amies) di Louis-Ferdinand Céline, Adelphi 2016 – a cura di Colin W. Nettelbeck traduzione di Nicola Muschitiello € 15,00 isbn 9788845930539 e-book non disponibile
Per chi ama gli epistolari, preziosi ipertesti della vita, in questo caso d’un autore fra più grandi del ‘900 e fra i più contestati. Le lettere non aiutano a dirimere gli equivoci attorno alle sue posizioni antisemite anzi: in alcune lancia ‘beffardi’ «Heil Hitler!» – a mo’ di saluto – alla giovane Erika Irrgang e poi scrive a N., l’amica ebrea: «Sono molto contento di saperla al sicuro per il momento ma la follia hitler finirà col dominare l’Europa per secoli», passaggi che non testimoniano una schizofrenia, come sappiamo, e quasi profetici riguardo le simpatie che il nazismo ha continuato ad incontrare tra questo e il secolo scorso. Nelle lettere il florilegio delle sue passioni, ballerine e ginnaste, perciò bellezza fisica, finezza, perfezione nel movimento, la danzatrice danese Karen M. Jensen, ma anche l’eleganza d’una grande artista, la concertista Lucienne Delforge e la vicinanza ad una collega scrittrice, Évelyne Pollet. Giovani, meno giovani, intrattiene con loro corrispondenze per anni e nel caso di queste sei donne, in contemporanea: incontrandole di quando in quando, facendole conoscere tra loro se immagina possano avere interessi in comune, vedendole assieme alle proprie fidanzate ufficiali, più rare, ma esistite, una delle quali è la ballerina Lucette Almansor, con cui condividerà un lungo matrimonio. Dispensa loro anche consigli da medico, come godere al meglio della propria prestanza fisica, non avere gravidanze indesiderate, e da ‘economista’ nato povero e davvero attento ad avere sempre un gruzzolo per essere indipendente (da scrittore Céline ne sentirà ancora di più l’esigenza). Grande rispetto, perciò, per le persone di sesso femminile ma anche gioco, profondo e nessun riguardo per le loro provenienze in conflitto con i demoni più profondi della sua arte, fra cui l’esigenza di trovarsi mai d’accordo con alcuno e alcunché o la capacità d’intrattenere decine di interessi diversi in maniera dettagliata (rilevata già nelle lettere alla sua segretaria storica Marie Canavaggia). In quell’epistolario erano le notizie, le riviste a cui abbonarsi, le novità, la ragnatela di conoscenze a cui si rivolge, in quest’altro quegli interessi più quelli per l’arte pittorica, i viaggi nei quali ammirare scorci di natura selvaggia, gli spettacoli di danza, la musica, come se l’uomo apparisse ogni volta in un caleidoscopio capace di replicarlo all’infinito, desiderio finale, almeno apparente, starsene solo in un angolo della scena. Quando sembra parlare con condiscendenza della propria capacità artistica con l’amica scrittrice è perché sa d’aver trovato per se stesso una delle voci più originali del secolo, un balbettio capace di mettere a segno colpi mortali: «Il mondo mi sembra straordinariamente pesante con i suoi personaggi sostenuti, petulanti, sguaiati, incollati ai loro desideri, alle loro passioni, ai loro vizi, alle loro virtù (…) Pesanti, interminabili, striscianti (…) Ruminano venti ore, vent’anni…lo stesso coito, lo stesso pregiudizio, lo stesso odio, la stessa vanità». – così all’amica Évelyne – e poche corrispondenze dopo: «Ma lei sopravvivrà, amica bella, e anche i suoi e il mondo ripartirà…con ottimismo» dopo aver dispensato ancora mille consigli per il buon vivere come una ‘vecchia zia’. Se non si potesse imparare altro dall’uomo Destouches, dall’artista complesso, se ne potrebbe portare ad esempio una inestinguibile sete di vita. (Serena Grizi)
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