#Nonleggeteilibri – “Cani neri” dell’odio s’aggirano per l’Europa
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
(Serena Grizi) Cani neri (titolo originale: Black Dogs) di Ian McEwan, Einaudi 2016 traduzione di Susanna Basso € 12,00 isbn 9788806227357 e-book non disponibile. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Bernard e June, ragazzi nella metà degli anni ’40, hanno abbracciato fin dalla loro gioventù il comunismo condividendo così amore e sguardo sulla società. Durante una passeggiata nei pressi d’un antico dolmen mentre sono in viaggio di nozze in Provenza, June subisce un’aggressione da parte di due grossi cani neri rimasti nelle campagne allo stato selvatico dopo la ritirata delle truppe nazifasciste. Bernard, preso dalla sua immensa passione per l’entomologia è rimasto indietro per studiare da vicino e disegnare dei bruchi, e June riuscirà ad allontanare fortunosamente il cane più grosso, e così il gregario, prima che accada il peggio. La loro storia, da quest’episodio nel quale June sente senza rivelarlo d’aver vissuto un’esperienza mistica, comincerà a prendere una piega diversa e già pochi anni dopo la donna tornerà ad abitare sempre più spesso vicino al borgo di St. Privat, in una zona selvatica ma più amena della precedente, nella bergerie acquistata per pochi soldi da un pastore, e qui cresceranno i loro tre figli, per periodi sempre più lunghi lontani da Londra e da Bernard sempre più preso, invece, dalla politica attiva. Ci penserà il loro genero Jeremy, marito di una delle tre figlie, a ricostruire la storia e il perché della loro separazione, lo schierarsi di June vicino ad un pensiero più fatalista e religioso ispirato dalla luce mistica dalla quale dice di aver preso forza per difendersi dall’aggressione dei cani che ha interpretato come simbolo del male. Jeremy, conoscendo i suoi suoceri sempre di più, non riesce a dare torto a nessuno dei due e deciderà di scrivere la loro storia specialmente dopo che Bernard, col quale nel 1989 è volato a Berlino per assistere alle manifestazioni per il crollo del muro simbolo del superamento del secondo conflitto mondiale, viene malamente aggredito da un gruppetto di giovani naziskin. Jeremy non ha mai avuto una vera famiglia se non una sorella sbandata ed una nipote verso la quale già da giovane sente la colpa di non averla saputa proteggere abbandonandola ad un destino simile a quello materno. La scrittura di McEwan è capace di brillare per lo stile e per la capacità di sottrarre particolari alla pagina impedendo banalizzazioni pur nella profondità: molte le sensazioni che percorrono il protagonista mentre mette mano a due storie che non sono la sua e che crede, tutto sommato, non c’entrino poi molto con la sua vita se non per il risvolto affettivo accennato sopra. I temi toccati nell’intreccio del racconto sono il rapporto dell’uomo col male, con la guerra, fino alle sfumature meno individuabili; il rapporto di ciascuno con l’ineffabile (bellissime le pagine dedicate al terrore del buio che Jeremy avverte nell’antica bergerie una volta abitata da June e quelle dedicate alla stessa suocera ormai autoreclusa in un ospizio, sue compagne quasi solo le letture). Infine l’interesse dello scrittore per le sorti del bambino in una società tanto violenta e dispersiva come l’attuale, (suoi i notevoli Il giardino di cemento, Bambini nel tempo, entrambi Einaudi), violenza che continua a perpetrarsi immotivatamente nella famiglia.
Non si può dire che i ‘cani neri’ dell’odio, del fanatismo religioso, del nazifascismo, abbiano smesso di aggirarsi per la cara vecchia Europa, o per la ‘nuova’ Europa, quella che avrebbe dovuto sgorgare come acqua fresca dopo aver spazzato la ferita cruda del muro in quel lontano 1989 e che invece, in un modo o nell’altro, conta già le sue vittime fra i molti giovani che ci hanno creduto più di tutti (Giulio Regeni, Antonio Megalizzi, il recluso senza processo Patrick Zaki e altri). Le storie forti di McEwan, che guardano le zone d’ombra dell’umano attraverso la Storia, sembra possano concretarsi sulla pagina soprattutto davanti ad uno sfondo familiare, forse perché la famiglia più o meno felice è fulcro e specchio delle società moderne.
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