#Nonleggeteilibri – Bobi, o il tempo dorato dell’esplorazione libraria
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
(Serena Grizi) Bobi di Roberto Calasso, Adelphi ed. 2021 € 12,00 isbn 9788845936333 e-book € 6,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Non sapendo quando è stato scritto esattamente il libro, si può annotare la tempistica del caso (il libro sull’idea delle edizioni Adelphi licenziato nel 2021, anno che vede anche la morte dell’autore/editore) o invece ammirare la generosità di Roberto Calasso (1941-2021) che, ormai anziano, tributa onori a chi cominciò l’avventura Adelphi, Roberto Bazlen (1902-1965), poi continuata, quale degno erede da se stesso. In questo ritratto snello, di poche pagine, si condensano tutte le passioni di quello che fu uomo di cultura e consulente editoriale, prima di avere fra le mani la propria casa editrice. Se ne sanno le difficoltà economiche di chi, non ricco, accetta un’esistenza libera e produttiva dal punto di vista intellettuale e povera di risorse, senza l’amato italiota ‘posto fisso’ e senza che poi se ne lamenti più di tanto. È lo stesso Bazlen che in alcune righe tratte dai suoi molti scritti, non tutti pubblicati, lascia indicazioni preziose: il rapporto alla pari con Eugenio Montale, e la genesi di Dora Markus e A Liuba che parte, quello con, l’a volte incomprensibile, ing. C. E. Gadda. Calasso sembra anche voler suggerire che proprio perché un geniaccio come Bazlen è rimasto piuttosto nell’ombra della storia della letteratura italiana ed altri hanno avuto invece grandi riconoscimenti (Saba, Montale), in quella storia non è mai solo oro quel che luccica, e se questo libro non ne descrive le cantine, parlerà invece dei solai, laddove, all’asciutto, se ne stanno particolari importanti e aneddoti da non trascurare: ovvero come a volte quelli ‘dietro le quinte’ diano le dritte giuste a scrittori ed editori (Bazlen portò in Italia Svevo, Musil) perché un’epoca può anche essere caratterizzata da poca temerarietà, poca sperimentazione, per non dirne le ristrettezze mentali. Bobi, perciò, è stato un ‘fiutatore’ di talenti, di tempi, di donne importanti, di personalità finto liberali, un dandy della cultura che uccideva o salvava con poche stringate righe davvero godibili. Scrive Calasso: «Una casa editrice è fatta di sì, ma ancor più di no. E quei no possono venire da molto vicino, da qualcosa che può assimilarsi a noi stessi, se lo sguardo non sa riconoscere le piccole discrepanze fatali. Bazlen lo sapeva più di chiunque altro abbia incontrato. È questo che si condensava in una frase delle sue Note senza testo: “Il nemico peggiore è il nemico che ha i nostri argomenti”». Nel 2017 la figura di Bazlen tornò all’attenzione delle pagine culturali di quotidiani e riviste, molti articoli in rete fanno capo a quell’anno, fra cui il libro, descritto come ‘esaustivo’ sull’uomo e il letterato Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste di Cristina Battocletti, ed. La nave di Teseo. Oltre queste riflessioni o il suggerimento che Calasso lascia di gettare lo sguardo oltre quel che viene propinato dai soliti noti in fatto di letteratura, di poesia, cifra di Adelphi, resterà alla fine la nostalgia di tempi pieni di possibilità per gli ‘esploratori’ della scrittura che il libro riesce ad evocare. Gli autori, i libri, ma poi occorre capire bene quali libri, sono diventati molto popolari e qualcuno se ne lamenta come se ‘il prima’ fosse un eden perduto che non tornerà più e di un tempo, questo, che produce solo brutture. Invece, la storia ‘elitaria’ della letteratura del ‘900 con le sue primavoltità, neologismo di Bazlen, è affascinante per le sue molte caratteristiche con la maiuscola: Critica scelta, Autorialità, Luoghi Esclusivi frequentati dalle intelligenze del Paese, ma il ‘900, che ha condotto anche alla scolarizzazione finalmente diffusa, al mito della letteratura a cui pensano di accedere in molti, ha portato oggi al diffondersi della cultura del libro, alla nascita di fiere frequentate da moltitudini di lettori dai gusti più disparati. Vero che resta il dubbio d’un consumo più che di una fruizione profonda, ma nessuno può dirlo e a Bazlen forse sarebbe sembrato strano quest’oggi popolar libresco ma probabilmente per certi versi lo avrebbe divertito o sarebbe stato capace di guardarci dentro a fondo e con ironia: «E quando scoppia la rivoluzione io mi metto il mio smoking e mi accendo una sigaretta (Egyptian Prettiest Chinasi Bros.) leggo un volume di Henry James e aspetto che il figlio della mia portinaia mi venga a prendere per portarmi alla ghigliottina saranno bei tempi speriamo che non diventerò vigliacco e non avrò paura anche se questa caratteristica squisitamente borghese non mi infastidisce poi più di tanto perché è davvero uno dei più begli esempi dell’istinto di autoconservazione».
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