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Non esiste chi picchia per amore

Non esiste chi picchia per amore
Aprile 30
23:00 2009

no-alla-violenza-donneShirin Ebadi, avvocata iraniana, premio Nobel nel 2004, ha scritto: «Le donne sono solo un popolo disseminato ovunque nel mondo. Hanno problemi uguali che attraversano e travalicano religioni, costumi, culture. La violenza è il problema». Se a Kabul, in queste ultime settimane, le donne piangono perché la nuova legge sulla famiglia di Karzai le relega ulteriormente ad una condizione medievale del terzo millennio, nell’Occidente industrializzato la situazione non è che sia più brillante. Sono sempre più ricorrenti termini come stupro, crudeltà psicologiche, spirale della violenza, isolamento, stalking, ecc. ecc. e le vittime sono prevalentemente gli elementi più deboli della società. È violenza! O meglio: “Violenza di Genere”.
La “violenza di genere” è la prepotenza perpetrata contro donne e minori, basata appunto sul genere, ed è così ritenuta una violazione dei diritti umani. Questa terminologia è largamente usata sia a livello istituzionale che da persone e associazioni di donne che operano nel settore. «Parlare di violenza di genere in relazione alla diffusa violenza su donne e minori significa mettere in luce la dimensione “sessuata” del fenomeno in quanto manifestazione di un rapporto tra uomini e donne storicamente diseguali che ha condotto gli uomini a prevaricare e discriminare le donne» e quindi come: «[…] uno dei meccanismi sociali decisivi che costringono le donne a una posizione subordinata agli uomini». Ciò viene rilevato nell’introduzione della “Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne” (1993) che, nell’art.1, descrive il maltrattamento contro le donne come: «Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata». Questo problema, riguardante l’universo femminile, solo da pochi anni è diventato tema e dibattito pubblico. Purtroppo mancano ancora complete normative di contrasto alla “violenza di genere”, screening e progetti di sensibilizzazione e formazione. Le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali e culturali, e a tutti i ceti economici. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo, nel corso della sua vita. Il rischio maggiore è rappresentato dagli ambienti familiari: mariti e padri, amici, vicini di casa, conoscenti stretti. Covi domestici di serpi che fanno della brutalità la migliore delle normali quotidianità. Infine, a seguire ma non per questo meno colpevoli, colleghi di lavoro o di studio. Le donne chiedono “solo” aiuto. Chi o cosa accoglie il loro silenzioso grido disperato? I Centri Antiviolenza. Si tratta di luoghi in cui vengono accolte le donne che hanno subito abusi. Grazie all’accoglienza telefonica, ai colloqui personali, all’ospitalità in case rifugio e ai numerosi altri servizi offerti, le vittime sono coadiuvate nel loro percorso di uscita dal tunnel della violenza. Queste strutture svolgono, inoltre, attività di consulenza psicologica, legale, gruppi di sostegno, formazione, promozione, sensibilizzazione e prevenzione, selezione ed elaborazione dati, orientamento ed accompagnamento al lavoro, raccolta materiale bibliografico e documentario sui temi dei maltrattamenti. Molte di queste strutture si sono organizzate, costituendo una vera e propria Rete Territoriale di sostegno alle donne abusate e coinvolgendo altresì le forze dell’ordine, i pronto soccorsi, i servizi sociali ed altri enti sensibili alle tematiche in oggetto. Percosse, ricatti, insulti, minacce, privazioni economiche e uccisione della propria moglie/compagna e dei figli venivano considerati ordinari conflitti familiari fino a pochi anni fa. Se non addirittura mezzi di giusta correzione. Erano ritenuti “fatti privati” nei quali nessuno doveva intromettersi. Ma sono state proprio loro, le donne, ad insorgere e a dire NO! È grazie all’emancipazione femminile (scevra da appartenenze ideologiche) se la violenza domestica è stata portata alla luce, nominata, definita nella sua complessità, create strutture di aiuto e posta la tremenda questione alle istituzioni come vero e proprio dramma sociale. Oggi parlare di “violenza di genere” non è più un tabù di cui vergognarsi. E come recita la poetessa Alda Merini in Terra Santa: «Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima, il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola come una trappola da sacrificio, è quindi venuto il momento di cantare una esequie al passato». E se lo ha scritto lei, rinchiusa più volte in manicomio per volere del marito-padrone-benestante, non c’è altro da aggiungere o, in calce, da dichiarare se non facilitare, in questa sede, il compito dell’informazione cioè quello di fornire alle donne il più agevole elenco di contatti sia a livello nazionale che locale.
Indirizzi di utilità:
* “Solidea – Provincia di Roma”, 00184 Roma – via Cavour, 266, tel. 06.48880463/05.48880468; www.solideadonne.it
* Centri antiviolenza in Italia, Casa Internazionale delle Donne, Palazzo del Buon Pastore, via della Lungara, 19, tel. 333.9856046; www.vitadidonna.it
* “Telefono Rosa”, Associazione Nazionale, tel. 06.37518261/2; www.telefonorosa.it
* Numero Verde gratuito 1522 “Antiviolenza donna”.

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