NOI ET ESSI
– L’era digitale sta consumando la seconda portata della colazione, ed ecco in tavola il bellissimo libro “verso il Robot sapiens” del brillante prof. Guidoni (W l’Armando internazionale!). “Solo” un ultimo tassello proprio dell’italico estro (una buona e bella auto gran turismo), del mosaico di ragionamenti da addirittura due secoli al presente (in principio fu un “Frankestein o il moderno Prometeo”, o il più “ingenuo” patrio Pinocchio!) sul complicato (o più) rapporto che abbiamo con le macchine, in particolare con i robot (dal boemo “robota” – “lavoro pesante” / “servitù”, dunque una genesi semantica caratterizzata marcatamente dalla condizione dell’uomo come deus dominus sulla macchina). Tra i primi articoli (2005 forse) scrissi che i robot sono state e saranno macchine, artifici. Pontificai neanche fossi Papa con i bersaglieri alle mura dunque, l’assoluta superiorità, diritti e ragioni dell’uomo sulla macchina, anche se questa possa bene o benissimo surrogare l’intelligenza umana, frutto di milioni di anni di lenta e naturale evoluzione. “Artigianale”, e dunque così sarebbe spiegata una (accanita) resistenza ai più “rapidi” o forzati tempi e modi di creare la “concorrenza” sintetica o “dopata” con protesi elettroniche. Tuttavia negli anni le idee e i ragionamenti si sono, di pari passo all’“hardware” (la fisiologia fisica umana per intenderci), naturalmente e giustamente evoluti, affinati, o progrediti. Ora ragionando, e all’angolo per un momento il maestro Asimov, su sintesi artistiche più “commerciali” su questo rapporto: i film “L’uomo bicentenario” (capolavoro molto toccante sul lato umano) con Robin Williams; “I, robot” (“Io, robot” in una traduzione in Italiano: la “I” in Inglese può essere tradotta sia come “Io” ma anche come “Intelligence”) con un altrettanto spumeggiante attore, Will Smith; il gotico “Il mondo dei replicanti” con Bruce Willis. Altri romanzi interessantissimi sono poi la serie televisiva “Almost Human”, o le vicende del droide “Data” (“Dati” “Informazioni” la traduzione) nei lungometraggi Star Trek n.7, 8, 9 e 10 (“Generazioni”; “Primo contatto”, “Insurrezione”; “la Nemesi”), “frustrato” per modo di dire e a suo modo dalla sua condizione di umano sintetico interessato/affascinato piuttosto che desideroso di condividere (e in peggio) la natura biologica dei suoi creatori. Ancora più gotico e particolare il film di animazione (2009) di Tim Burton, “9”. Tanto (e forse troppo aggiungerei! In questo articolo non ho nemmeno sfiorato i ragionamenti tecnico-giuridici) da raccontare, scrivere e ragionarci. Personalmente e per chiosare: un’intelligenza artificiale con un’alta percentuale di possibilità, criticherebbe (e con durezza, d’altronde è quello che fa la creatura a Frankenstein dicendogli in sostanza, e mi si consenta lo spirito popolare: «Ao! A’ st…! Ma te l’ha prescritto er medico di crearmi?!») l’“imperfetto” suo creatore, che conosce! Tocca! Manifesto e palese nei suoi confronti! Criticare duramente il suo ego (e qui s’apre il vaso di Pandora!), la sua ipocrisia, il suo uso “oscuro” della Ragione, il suo acceso fanatismo verso il trascendentale tanto quanto il suo caustico cinismo; considerando che anche egli critica (e ora con egual durezza o violenza) il suo Dio, ma che non hai mai conosciuto se non per quella-e-in quella “sfumatura” del suo ragionare chiamata Fede, e che non gli è stato così altrettanto palesemente manifesto. Probabilmente l’intelligenza artificiale migliore sarebbe assimilabile alla soffice personalità di un saggio monaco. In media stat virtus.
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