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“Neve di carta”, scene da un manicomio con Elisa Di Eusanio e Andrea Lolli

“Neve di carta”, scene da un manicomio con Elisa Di Eusanio e Andrea Lolli
Gennaio 28
10:55 2020

(Serena Grizi) Ariccia – Neve di carta, rappresentato nel fine settimana del 25 gennaio al Teatro Bernini, è un testo forte liberamente tratto dal libro Ammalò di testa – Storie dal manicomio di Teramo (1880-1931) di Annacarla Valeriano, Donzelli (2014) e vincitore di alcuni premi ma anche uno dei testi a cui ci ha ‘abituati’ l’interesse che cinema, teatro, letteratura hanno spesso coltivato nei confronti della cosiddetta pazzia, vera o presunta, usata da parenti serpenti per eliminare soggetti scomodi, per non condividere eredità, per tenere ‘nascosti’ al mondo familiari non ritenuti presentabili. Ricordiamo il lavoro teatrale e di scrittura del cantautore Simone Cristicchi; le diverse pubblicazioni sulla sorte di Aldo Togliatti, figlio di Palmiro, l’attenzione che lo scrittore Francesco Permunian dedica (La Casa del Sollievo Mentale, ed. Nutrimenti, e altri titoli) alla sottile linea di demarcazione fra i concetti di mentalmente ‘sano’ o ‘malato’.

In questo lavoro, presentato anche nel magico e raccolto Argot Teatro di Roma, la differenza la fa la scrittura del testo messa in scena perfettamente come se, staccandosi dalla pagina scritta ad una dimensione, prendesse a tratti corpo tridimensionale per poi tornare sulla pagina, specialmente nei segni grafici disegnati in aria dalla intensa Elisa Di Eusanio/Gemma, segni che seguono il monologo di Bernardino e nella corporeità insipiente dello stesso interpretato dal bravo attore e caratterista Andrea Lolli, spesso autore e attore di ruoli brillanti che qui si mostra maturo interprete drammatico.

In Neve di carta c’è tutto l’aulico (il cielo, gli olivi, i campi) e la disgrazia del mondo contadino di fine ottocento (l’ignoranza, la superstizione). Poiché Bernardino, dopo una vita inizialmente felice (nel giorno del loro matrimonio inscenato all’inizio del dramma s’avverte il sole, la semplicità, la gioia), abbandona la sua sposa in un manicomio a causa del persistente vociare sull’isteria della donna, forse perché sterile, ed ha vivacchiato senza futuro indovinando appena la strada per tirare avanti…Dieci anni ‘persi’ dalla coppia per colpa del manicomio: Bernardino che è diventato niente, se non come narratore coatto, alla luna, di quella mattina tragica in cui accompagnò Gemma e Gemma che dal canto suo ha cercato di fare del suo meglio nel mantenersi sana fra malati, scrivendo più d’una lettera al giorno per chiedere al marito di tornare a prenderla e che forse ora ha perso davvero il lume della ragione mandando a fuoco l’intero ricovero. Dall’incendio le migliaia di lettere scritte piovono in frammenti grandi e piccoli anche su Bernardino, una neve di carta che ha voluto raggiungerlo fino a venti chilometri di distanza, costringendolo a vedere ciò che nella sua dabbenaggine s’ostinava a non vedere (perché il problema della pazzia era non suo ma di Gemma e lui non sapeva che farci, se non trovare consolazione carnale in una prostituta)…Il dramma è un atto, breve e intenso, co-registi la stessa Di Eusanio assieme a Daniele Muratore; perfetto per la bravura calibrata degli attori, scenograficamente giusto per inquadrare i personaggi in uno stanzone buio e malmesso dove il pavimento sono le povere parole di Gemma e c’è qualche catino, una valigia: un interno livido appena illuminato da una luna indifferente, come il resto dell’universo, dietro una finestra sbarrata, e la vita ha fatto in tempo a trascorrere via pure se il ritorno di Bernardino riaccende una speranza….

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