NEMI- GIUBILEO DEL SS.MO CROCIFISSO
Ricorre quest’anno il Giubileo del Ss.mo Crocifisso: 350 anni sono trascorsi da quella lontana esposizione del 19 maggio 1669 nel piccolo convento, allora dei Francescani. A dieci giorni dall’anniversario, proprio in questo luogo, accolte da frate Vincenzo Pennella si è avuto il privilegio di poter visitare parte dell’antico convento dei Frati Mercedari, attiguo al Santuario del Ss.mo Crocifisso di Nemi, dove, tra le tante immagini sacre, commuove l’icona della Madonna del Versacarro con vicino le icone di San Pietro e Paolo, donate qualche mese da Emanuela Tardivo, nota iconista genzanese.
Il religioso ci conduce a visitare la piccola cella, nella quale frate Vincenzo Pietrosanti da Bassiano scolpì più di tre secoli fa quella scultura in legno che commuove e coinvolge ogni fedele, nell’atto di accostarsi alla sacra immagine del martirio.
Un Cristo morente abbandonato sul legno del Suo tormento, quella Croce che l’avvolge nel dolore della Sua sofferenza, una passione che avviluppa e sconvolge il frate scultore: prega, digiuna, si autoflagella, s’impone severo rigore, ma il volto di Gesù resta imprigionato nel suo cuore, attanaglia la sua anima, scuote nell’intimo ogni suo spasimo e tormento. Cede il povero frate e nel sonno agitato la sua mente continua a lavorare, a soffrire, a tormentare il suo cuore. Ed ecco al risveglio la sorprendente scoperta di un volto scolpito dal nulla che svela un infinito, grande strazio e, al tempo stesso si contrae in una smorfia di dolore, uno spasmo piegato al sorriso.
Quella stessa espressione che Emanuela Tardivo ha lungamente ricercato e realizzato nella sua icona del Croficisso, commissionata per l’occasione da frate Vincenzo con preghiere come compenso, questo ha chiesto la brava artista.
L’opera è stata consegnata e benedetta dal Vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro durante la solenne celebrazione della commemorazione. .
Ci guida frate Vincenzo nella silenziosità lucente di questo pomeriggio piovoso di fine maggio, attraversando lunghi corridoi, nella minuscola cella del frate scultore: all’entrata, l’icona donata la scorsa settimana accoglie i pellegrini che vorranno genuflettersi e pregare nello stesso luogo nel quale il Corpo e il Volto di Gesù hanno preso forma tre secoli fa: una piccola, raccolta stanzetta, moderna ormai, con un altare e poco distante un piccolo tabernacolo, inginocchiatoi sui quali far scivolare dalla nostra anima alle nostre labbra quel sussurro che si trasforma in preghiera … frontalmente, sull’altra parete, una stampa raffigurante San Pietro Nolasco, fondatore nel 1200 circa dell’ordine dei Mercedari che aveva lo scopo di liberare e redimere gli schiavi catturati dai Saraceni.
Fa strada il buon frate fino alla biblioteca del convento, la stanza dei Papi che più Pontefici hanno onorato con la loro presenza: tra essi Pio IX, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI…
Poco distante il terrazzo sullo splendido panorama lacustre e marino sullo sfondo…
Osservo di nuovo l’icona, recente espressione di quell’antico, lontano Crocifisso: esaltano l’immagine, colori con la tempera all’uovo, su tavola gessata con sfondo in oro. E le mani si fanno orazione, si condivide pennellata dopo pennellata quel tormento, quella crudele Passione, quell’inevitabile passo di dolore ch’è obbedienza.
Si schernisce Emanuela Tardivo: nasconde in un sorriso la sua competenza e la sua esperienza, racchiuse in una fede che si fa preghiera quando dipinge e si snoda in un atteggiamento di grande modestia, semplice come solo i grandi artisti sanno essere.
Ci allontaniamo dal convento, non senza aver visitato la chiesa e rivolto un pensiero alla bella e preziosa icona della Madonna del Versacarro, altro splendido capolavoro, antichissimo, sottratto e più volte recuperato nel tempo. La Sua storia merita un discorso a parte…
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