Nel nome di Dante
Inutile aggiungere che l’attività dell’istituzione (di cui ora è anima il prof. Enrico Malato) non si limita alle sole letture domenicali gratuite, ma organizza numerosi convegni e presentazioni di novità bibliografiche, vantando altresì una ricchissima biblioteca specializzata su Dante e i suoi commentatori nel tempo. S.E. il Cardinale Ravasi (noto già a molti per la profondità e lo spessore delle sue opere, nonché per una presenza mediatica discreta – collabora tra l’altro con “Il sole” – ma capace di ‘catturare’ anche il pubblico meno attento al messaggio cristiano), accogliendo l’incarico con entusiasmo non disgiunto da una certa sorpresa, ha esordito con una formale assunzione di responsabilità – «Sto parlando da parte della Chiesa» – legata all’intenzione di coinvolgere il Dicastero Vaticano della Cultura nelle attività per il settimo centenario della morte di Dante, considerato “inesorabile punto di riferimento”, non solo nell’orizzonte accademico, ma in una più ampia prospettiva, didattica, educativa, ecclesiale. Non manca S.E. di rimarcare la portata di una collaborazione internazionale tra i due Stati rispetto ai quali egli stesso sente per così dire di incarnare una doppia anima, quello Vaticano e quello Italiano; collaborazione da concretizzarsi attraverso una istituenda commissione legata alla Santa Sede, con l’obiettivo di far sì che la Chiesa nel mondo torni ad appassionarsi alla figura di Dante. In questo senso, l’attenzione della Chiesa verso la figura e l’opera del poeta è documentata nel tempo attraverso una serie di tappe, che il Cardinale ricorda puntualmente. A partire dalla Lettera Enciclica In praeclara summorum del 30 aprile 1921, dedicata da Benedetto XV alla figura del grande poeta in occasione del VI centenario del poeta, che il Pontefice intendeva si celebrasse con grande rilievo, in quanto «cantore e araldo più eloquente del pensiero cristiano», facendosi promotore del restauro del tempietto ravennate, tomba di Dante. Benedetto XV in quella sede, esprimendo gratitudine al poeta che «si fece discepolo del principe della Scolastica Tommaso d’Aquino; e dalla sua mente angelica attinse quasi tutte le sue cognizioni filosofiche e teologiche», ne tesseva l’elogio per aver presentato in maniera folgorante le verità della fede; riconoscendo d’altra parte la validità della critica dantesca alla Chiesa come istituzione («Chi potrebbe negare che in quel tempo vi fossero delle cose da rimproverare al clero?…Tuttavia non venne mai meno in lui il rispetto dovuto alla Chiesa e la riverenza alle Somme Chiavi»); lamentando infine che non fosse del tutto adeguato e fecondo lo studio del poema che, benché sia «annoverato tra i libri che devono essere più studiati…non suole per lo più recare ai giovani quel vitale nutrimento che è destinato a produrre.» Argomenti in parte ripresi nella Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio Altissimi cantus di Paolo VI del 7 dicembre 1965, che segna la seconda tappa dell’attenzione della Chiesa alla figura di Dante. Alla memoria del poeta il Pontefice dedica gesti significativi, come l’apposizione di una croce d’oro sulla lastra tombale, e di una corona di alloro aurea col monogramma di Cristo nel Battistero di San Giovanni, dove il poeta aveva ricevuto il battesimo (e varrà la pena sottolineare che la data tramandata per la nascita non si riferisce all’evento biologico, bensì alla nascita alla fede, cioè al battesimo); l’istituzione di una cattedra di studi danteschi presso l’Università Cattolica; il riconoscimento della figura di Dante nostrum come grande emblema, vessillo dell’umanità. La terza tappa individuata dal Cardinale Ravasi ha come riferimento S. S. Benedetto XVI, che, in linea con la tradizione germanica, ha spesso accennato al poeta, ad esempio in riferimento alla preghiera di San Bernardo; o al momento in cui il poeta, contemplando il mistero di Dio, vi scorge la propria immagine, cioè un volto umano. Richiamo che offre al Cardinale il destro per lanciarsi in una dolente quanto giustificata invettiva per il “volto sfregiato” che nel nostro paese le istituzioni culturali mostrano, volto del tutto “disprezzato, marginale ed estrinseco”. A differenza di quanto accade nello Stato Vaticano, l’unico al mondo a vedere il proprio territorio occupato per il 75% da musei o giardini. Tra le iniziative che il Cardinale intende promuovere, e la Commissione sopra ricordata avrà il compito di coordinare, si colloca innanzitutto la costituzione di una cattedra per l’insegnamento di Dante presso le Università pontificie, che possa coinvolgere non solo i religiosi ma anche il pubblico di laici che questi atenei frequentano; e in particolare gli stranieri che, tornando nei loro paesi possano essere stimolo ad una rinnovata e più largamente diffusa attenzione verso la figura del poeta. Mentre in ambito religioso si intende promuoverne la conoscenza e l’approfondimento attraverso una capillare azione all’interno di oratori, scuole cattoliche, e soprattutto seminari (al fine anche di garantire alla formazione catechistica una qualità culturale più alta).
Esprimendo profondo compiacimento per la corrispondenza da parte del Cardinale Ravasi alla sua aspettativa, il Prof. Malato auspica d’altronde una pronta risposta anche da parte delle istituzioni ed enti territoriali romani, qui rappresentati da Cecilia D’Elia, Assessore alla Cultura della Provincia di Roma, che rivendica il ruolo di sostegno esercitato dall’istituzione, nonostante le penuria dei mezzi finanziari, ricordando ad esempio le giornate dantesche organizzate dal Comune di Frascati, con la partecipazione di ragazzi e insegnanti. Ma è nella prospettiva del settecentenario che mirano a dispiegarsi i maggiori sforzi della Casa di Dante, in primis con il censimento/edizione nazionale dei commenti danteschi. A tutt’oggi, completato il censimento, sono stati pubblicati 11volumi in 30 tomi, e si progetta una nuova edizione commentata delle opere di Dante in collaborazione con il centro “Pio Rajna”. Il punto centrale, tuttavia, verso cui focalizzare le sinergie che questa Presidenza inaugura, è l’orientamento verso l’opera di Dante di un orizzonte più vario di interessi, in particolare quello giovanile, a livello di scuola secondaria e di preparazione dei docenti, in considerazione dell’alto valore formativo del ‘magistero’ dantesco, che il Cardinal Ravasi sottolinea fortemente, certo memore delle parole dell’enciclica sopra citata e dell’invito in essa contenuto a fare «in modo che ovunque si impartisse l’insegnamento letterario Dante fosse tenuto nel dovuto onore e che egli stesso fosse pertanto per gli studenti un maestro di dottrina cristiana.» A ricordare il “primato di Dante nel dire parole prime” interviene infine anche Sgarbi, ricordando che «nessuna religione ha prodotto tanta cultura, da Brunelleschi a Bach, quanto quella cristiana», ed esprimendo (“sarà anche un’aspirazione…”) la sua preferenza per il “Paradiso”. Senza privarci del consueto in cauda venenum, nel ringraziare Malato che «ha tolto Dante ai comunisti (Asor Rosa e Benigni) per consegnarlo ai preti!» (riguardo alle letture di Benigni i lettori ricorderanno forse anche il nostro Out-let Dante su Controluce, anno XVII, numeri 2 e 3, del febbraio e marzo 2008). Senza nulla togliere alla valenza, che il Cardinale non manca di sottolineare, di letture quali quelle di Benigni o Sermonti nel conseguire esiti sorprendenti per la diffusione di Dante come “figura immensa”. Ed è richiamando le parole di Benedetto XV che ci piace concludere, lieti che a Dante si dedichino ora le intenzioni ed energie di una figura di tanto carisma quale il Cardinale Ravasi, in nome dell’Istituzione che rappresenta: «Noi pertanto, in questo magnifico coro di tanti buoni non dobbiamo assolutamente mancare, ma presiedervi piuttosto, spettando soprattutto alla Chiesa, che gli fu madre, il diritto di chiamare suo l’Alighieri.»
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