Nel frammento la vita, di Aldo Onorati
Un’opera pluriedita dai lontani anni ’70, ma sempre fresca, attuale, piacevole da leggere, soprattutto quando fa rivivere negli adulti vividi sprazzi d’infanzia e nei lettori più giovani una stimolante curiosità che si traduce in confronto, con un pizzico di rimpianto, per la fresca tinta di libertà, ormai ai nostri giorni non più altrettanto vivibile. Si stanno sfogliando e leggendo le pagine del bel libro di Aldo Onorati Nel frammento la vita – Le canagliette di Piazza San Paolo, Edizione Anemone Purpurea. Un’opera che stimola con la sua lettura, momenti di riflessione e di nostalgia…
Nostalgia per i tempi, non facili, del primo dopoguerra, quando mancavano beni materiali di ogni specie, dall’abbigliamento allora molto “arrangiato e raffazzonato”, di poche pretese, al cibo scarso e spesso irreperibile, alla spartanità degli accessori casalinghi e delle stesse abitazioni. Una vita dura e austera, ma libera. L’infanzia di allora aveva sfiorato il conflitto bellico e faticosamente le famiglie cercavano di ricostruire, di riprendersi nel quotidiano una ‘normalità’ che sembrava essere svanita per sempre: la vita di tutti i giorni era scandita dai ritmi delle stagioni, dai relativi lavori campestri. Una dura legge legata all’esistenza che fin da piccoli occorreva conoscere e rispettare, adeguando di volta in volta i propri comportamenti per non soccombere di fronte ai soprusi e alle prepotenze, inevitabili armi di una riscossa in atto, anche tra i giovanissimi protagonisti della monografia. Giochi all’aria aperta con giocattoli costruiti dagli stessi bambini, oggetti immaginati e animati che prendevano vita nella fantasia del gioco: bastava poco per divertirsi, qualche asse di legno, pezzi di corda, bulloni e accessori di metallo che venivano barattati con frutta, carne, uova per chi aveva possibilità di arraffare nell’osteria o nella vigna paterna o pagati con spiccioli recuperati alla bell’e meglio dalla cassa del negozio. Si andava alla scoperta della storia e del passato tra vecchi ruderi abbandonati, allora accessibili, per conquistare forza e coraggio anche nella difesa del proprio territorio. Ci si organizzava in bande che sfoderavano prepotenza, scatenando reazioni bellicose che sfociavano in risse furibonde. Quasi sempre queste “ferite di guerra” venivano curate da soli, senza cercare rifugio e compassione tra gli adulti che sicuramente avrebbero aggiunto il proverbiale “resto” a qualche livido e bernoccolo.E opere eroiche affrontate vincendo la paura e il terrore, sfiorando le tombe nel cimitero cittadino… tutto serviva per crescere, per vivere superando inutili timori; loro, quelle “canagliette” erano immuni da ogni sciocca paura: a parole, forse, ma il coraggio era tanto da sfiorare l’incoscienza. Numerosi gli stimoli che non facevano arretrare i piccoli protagonisti, soprattutto quelli dotati di minor prestanza fisica, i quali mettevano in moto il cervello lavorando d’astuzia: anche se in una rissa si finiva per soccombere, l’esperienza serviva per il futuro nel trovare strategie per evitare di essere coinvolti di nuovo in situazioni di inferiorità fisica. Le paure, i timori delle malattie, i primi turbamenti amorosi, innocenti brividi di trasporto verso graziose, minute coetanee, mitizzate dagli occhi dell’amore… La crescita nella strada, vita nella natura: si correva nei viottoli del bosco, percorrendo scorciatoie per raggiungere i paesi vicini e si raggiungeva il lago Albano dove ci si lavava dalla polvere, facendo nuotate nell’acqua allora limpida. Impensabili imprese se concepite ai giorni nostri: i bambini di oggi sono programmati ai ritmi dei numerosi impegni scolastici ed extrascolastici, abili nel manovrare un computer o un videogame, altrettanto sprovveduti di fronte alla vita, quella vera, che chiama ciascuno di noi ad una sfida che mette in gioco i nostri sensi e le nostre capacità senza ausili meccanici o informatici. Chissà, la lettura di questo bel libro nelle ultime classi della scuola primaria e nelle successive scuole medie, potrebbe essere, oltre che una piacevole attività comune, anche un ottimo spunto per riflettere e trovare un modo per riconquistare se stessi nel proprio ambiente; un impegno per gli adulti a offrire alle giovani generazioni un luogo a loro misura, vivibile, esplorabile e soprattutto “umanizzato” come lo era ai tempi dei nostri genitori e dei nostri nonni. Probabilmente sarebbe più naturale e spontaneo apprezzarlo e rispettarlo.
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