Neda e i giovani iraniani
È passato un anno dalla scomparsa di Neda, la studentessa uccisa da una bomba durante le proteste per la rielezione alla presidenza del Paese del conservatore Ahmadinejad. Il video amatoriale che ha filmato la sua morte, avvenuta durante gli scontri di piazza di quel tragico 20 giugno, è un monumento funebre in digitale che, circolando nel web, è sfuggito alla censura e ha mostrato il vero volto di un Paese soffocato dalla dittatura. Ahmadinejad ha definitivamente cancellato ciò che restava del riformismo del governo Khatami del 1997, col quale, anche se per un periodo molto limitato, i giovani iraniani avevano goduto di una relativa libertà di espressione, attraverso la produzione di film, la diffusione di libri e della stampa e l’accesso a internet. Sembrava quello l’inizio di una nuova era, almeno finché la Guida Suprema (Rahbar) Khamenei, non impose l’arresto di molti giornalisti e l’oscuramento di siti internet, col pretesto della sicurezza nazionale. Khatami infatti non riuscì a portare avanti il suo programma di riforme, nonostante avesse il popolo dalla sua parte. Il giorno 2 del mese iraniano di khordad (maggio) del 1999 gli iraniani cominciarono a manifestare nelle strade. Studenti, donne, intellettuali, operai e anche alcuni religiosi, chiesero a gran voce il rispetto della sovranità popolare, ma nel sistema iraniano l’opinione nel capo supremo prevale su tutto e su tutti, e perciò anche il capo del governo deve sottostarvi. Furono così vanificati tutti gli sforzi per giungere all’attuazione delle riforme per i diritti civili e la libertà di espressione, nonostante l’evidenza che la gente dimostrasse la ferma volontà non tornare indietro. Infatti, Khatami portò un’apertura che la generazione precedente non avrebbe neppure saputo immaginare. Ai giovani nati dopo la rivoluzione e cresciuti con i telefonini, il satellite, internet e la voglia di assomigliare ai propri coetanei occidentali, si era aperto ormai un mondo fatto di confronti coi modelli provenienti da altri paesi. Ma le elezioni del 2005, quelle che videro la contesa fra l’Ayatollah Rafsanjani, l’Ayatollah Karrubi e Mahmud Ahmadinejad, è come se li avesse riportati indietro nel tempo e riproiettati nella dimensione della negazione totale dei diritti e dell’isolamento. Ahmadinejad, pupillo di Khamenei, quelle elezioni le vinse, al secondo turno, prevalendo su Rafsanjani. Karrubi, in una lettera inviata a Khamenei, dichiarò che i risultati elettorali erano stati falsificati e che i Pasdaran e i Basij avevano operato illegalmente per assicurare sostegno ad Ahmadinejad; la risposta fu che le sue accuse erano “al di sotto della sua dignità” e le sue affermazioni, se fossero state rese note, avrebbero causato una crisi in Iran. In seguito Karrubi, con una lettera aperta, si dimise da tutte le sue funzioni politiche e venne posto agli arresti domiciliari, per ordine di Khamenei. Già nella rivoluzione del 1979 furono commessi gravi abusi e violenze nei confronti degli oppositori, ma oggi attraverso la rete (webblog – facebook – you tube – twitter) le immagini fortunatamente vengono diffuse in tempo reale nel mondo e tutti possono comprendere, anche se con molte difficoltà, la verità su quel che accade in quel Paese. I giovani hanno avuto la forza di strappare il velo della censura, ma la strada per il cambiamento politico è ancora lontana.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento