Nasce il Lido di Ostia (2/2)
Con il R.D. 18 marzo 1923, n.845, Mussolini, dietro proposta del Ministro dei Lavori Pubblici O. Carnazza, sanciva definitivamente lo scioglimento dello SMIR, lo decretava ente inutile, revocava il contributo dello Stato alla realizzazione del progetto “Pro Roma marittima”, e bloccava lavori che erano oramai al termine. Con amarezza, Paolo Orlando assistette impotente all’agonia e alla soppressione dello SMIR, nel momento stesso in cui i lavori della ferrovia erano quasi ultimati: inaugurate le due stazioni capolinea, ultimate quelle intermedie, approntati i sottopassaggi, allestita la linea elettrica da Acilia a S. Paolo, predisposte le automotrici e i lavori elettrici. Il fascismo aveva preferito interrompere i finanziamenti pubblici, sospendere i lavori della ferrovia, e decretarne pochi mesi dopo (RD. 3116/1923) “la concessione all’industria privata” per il definitivo completamento. In realtà Mussolini si apprestava ad ereditare e ad impadronirsi di un progetto che non gli era mai appartenuto, e che il regime sfruttò abilmente negli anni successivi, quello di Roma Marittima. Un’operazione che prese avvio fin dal 10 agosto 1924, allorché il Capo dei Governo inaugurò pomposamente la ferrovia, mentre l’opinione pubblica assisteva angosciata alle ricerche dell’onorevole Matteotti di cui, una settimana dopo, fu trovato il cadavere lungo la Flaminia. Si vedeva allora disperdersi, tra le nebbie della politica e i meandri degli interessi finanziari, l’obiettivo principale del progetto di “Roma Marittima”: trasformare la capitale “da città di entro terra in vera e propria città marinara”. La piccola borghesia degli affari e del commercio, ministeriale e guardinga, invaghitasi, nel primo dopoguerra, dei miti del nazionalismo e del lessico dannunziano, consegnerà al fascismo la sua identità, le sue aspirazioni compresse, i suoi sogni: tra i quali, non ultimo, la rinascita della Roma imperiale, conquistatrice di terre e di mari, auspicata e promossa dalla retorica del Duce.
L’inaugurazione della ferrovia per il Lido nel 1924, l’avvento del doppio binario a motrici elettriche nel giugno 1925, l’apertura dell’autostrada Roma-Ostia nel 1928, l’approvazione del Piano Regolatore del 1931, che enfatizzò lo sviluppo urbanistico verso il mare, la decisione di insediare la futura e magniloquente E42 nella zona delle Tre Fontane, quale ingresso d’onore della capitale, documentano, nell’ordine, la volontà d’una scelta urbanistica e di un assetto viario indiscutibilmente protese verso il Tirreno. Ma la congiunzione al mare non apportò – come aveva vagheggiato Orlando – “incalcolabili benefici per aumenti di traffici o sviluppo d’industrie”. Ostia divenne il quartiere balneare per eccellenza della capitale, ben lontana dalle suggestive previsioni dell’ingegnere genovese; non si trasformò mai in un insediamento produttivo, privata – come fu – d’uno scalo marittimo e delle strutture necessarie. Nasceva Ostia Lido e tramontava la snobistica Ladispoli “Marina di Roma”. Nel secondo dopoguerra fu smantellata la diramazione ferroviaria per Ladispoli e dove sorgeva la stazione di arrivo dei “treni bagnanti” si creò lo spiazzo cantato da Rossellini, “la non piazza”, che costituirà il nuovo centro della città. Seguì un ventennio di sereno letargo fino all’esplosione edilizia dei primi anni settanta con il ritorno del turismo, questa volta di massa, ed il cambiamento epocale e definitivo della perla nera del litorale romano. Poi saranno i russi, i polacchi e gli immigrati da Roma a costruire, anno dopo anno, il clima dell’odierna Ladispoli, vera e propria piccola New York.
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