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N1 H1: tra il pericolo e la psicosi

Gennaio 18
14:45 2010

Sale ancora il bilancio dei morti in Italia a causa dell’influenza N1 H1. In rapporto alla densità di abitanti, nessun altro paese europeo ha registrato un numero di decessi così alto in un tempo così breve, anche se è la Gran Bretagna, e non l’Italia , la nazione in cui si muore di più. Fazio continua a tranquillizzare la popolazione invitandola a non intasare i pronto soccorso, ma due sono le principali angosce degli italiani: il fattore tempo e la paura di non saper distinguere l’influenza suina da quella stagionale. Le campagne d’informazione, partite lo scorso 29 aprile, hanno chiarito il meccanismo di diffusione del virus A. Ma mentre si ricorda che il medico di famiglia o il pediatra sono in grado di diagnosticare, per ogni singolo caso d’influenza, l’effettiva presenza di complicazioni bronco-polmonari e di consigliare eventualmente il ricovero in ospedale, un caso nel napoletano smentisce questa piccola certezza. Poi, una volta compreso che la diagnosi precoce del virus N1H1 può essere effettuata anche ambulatorialmente, per mezzo del tampone laringo-faringeo, le carenze del servizio sanitario nazionale alimentano l’angoscia. Il fattore emotivo ha un ruolo decisivo nella ‘psicosi da influenza suina’, con l’evidenza che la metà dei decessi, fino ad oggi, si è avuta a Napoli e gli altri morti, al Nord, proprio nelle regioni meglio attrezzate per la diagnosi precoce. Molte famiglie, con studenti e persone che usano i mezzi pubblici, non sanno come rapportarsi alla paura del contagio: si sono visti i tifosi andare allo stadio protetti dalla mascherina. L’Istituto Superiore della Sanità dice che «le morti erano attese purtroppo», ma viene ritenuto inutile ricorrere al vaccino se non si è considerati tra i soggetti a rischio. Gli effetti collaterali, se pur rarissimi, portano febbri altissime fino a 41° e disturbi gastro-intestinali entro 48 ore dalla somministrazione, quindi spesso spaventano più della malattia, a fronte di una guarigione che non è neppure assicurata. Dei 40 milioni di flaconi comprati dall’Italia, sono 149 mila i vaccinati. La distribuzione dell’antidoto – fatta a livello regionale, in base al numero di abitanti e non dei malati – si sta rivelando lenta e disordinata. Occorrono circa due settimane all’organismo per formare gli anticorpi contro il virus A, ma i ritardi hanno fatto in modo che il picco della malattia giungesse prima della difesa contro di essa. In compenso, alcuni enti caritatevoli si sono battuti per ottenere delle scorte per extracomunitari e bisognosi che non erano stati inclusi nelle categorie degli aventi diritto. Insomma, prassi e profilassi sono state eseguite perfettamente, ma la pandemia è un’eventualità eccezionale che provoca un contagio molto più veloce delle comuni epidemie influenzali. La gente è stata colta impreparata e si è insinuata quell’insicurezza che porta ad affollare gli ospedali e a mettere sotto assedio gli studi dei pediatri, mostrando che non sempre si tratta di timori ingiustificati. La necessità più sentita oggi dalla gente comune è un’informazione veritiera ed esaustiva da parte delle fonti ufficiali: non tanto dei media quanto dal Ministero.

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