Musica indipendente
Da una tesi sviluppata sull’argomento ha avuto poi origine questo saggio breve, frutto anche di un impegno in prima linea, che vede l’autrice da diverso tempo dedita alla documentazione di tali attività. S’inizia con un inquadramento storico per delineare quanto, sia pure in fasi discontinue, forse a tratti incongruenti, ma variegate e nondimeno arricchite delle stesse inquietudini, è parte di una ricerca che assume determinante rilevanza, nel tempo, sulle produzioni nazionali. Dalla cultura giovanile degli anni Cinquanta, quella che incarna gli archetipi della ribellione sotto il seme del rock ‘n roll, inizia pure la stagione dei grandi numeri per l’industria discografica e, contrapposta ma complementare, nasce anche l’esigenza di etichette indipendenti, inclini a dare autonomia espressiva e, di conseguenza, humus all’intero settore. Con il punk, di fatto, s’impone a modello la cultura del do it yourself, ma è soprattutto con gli anni Settanta più politicizzati e impegnati che, attraverso etichette come la Cramps, qui da noi verranno alla luce progetti che segneranno la storia della musica indipendente, emblematico quello degli Area e il mito dello scomparso Stratos. Tuttavia, per meglio focalizzare il fenomeno, la Caporicci introduce il concetto di “musica di massa” prendendo spunto e riferimento da Adorno e la Scuola di Francoforte. All’alienazione strumentale della “musica leggera”, si contrappone, con nostalgia, un passato con cui il suono assolveva “una funzione espressiva ed equilibratrice”, che trascende la forma. Con “Adorno, lo scopo della musica non è la bellezza ma la verità, la conoscenza”. Il mercato delle major, nel frattempo, si è andato conformando nelle cosiddette “quattro sorelle”, nate da più fusioni su corrispondenti interessi globali. Da sole controllano la quasi totalità del mercato. Una condizione piuttosto asfittica dal punto di vista espressivo e culturale, oltretutto minata dalle stesse nuove tecnologie, dove tuttavia resta larga la fascia del ricorso al download pirata. Da questa situazione prende consistenza e slancio l’operato di diversi circuiti di etichette indipendenti che, sia pure con limiti e contraddizioni, tanto hanno apportato nel mercato culturale, finanche veri e propri successi commerciali, come gli Offspring di Smash. Nato nell’eredità della pregressa esperienza fiorentina, da anni il MEI è la testimonianza italiana più importante sul fenomeno col convegno romagnolo. Un meeting, quello di Faenza, che è stato pure condiviso dall’autrice attraverso la sua presenza per conto di una radio universitaria. Un evento che la porterà in contatto con l’esperienza del Collettivo Angelo Mai ripercorrendone la rispettiva storia. Con un’intervista a Pino Marino e un’altra a Niccolò Fabi, realizzate sempre a Faenza nel 2008, si conclude il libro e vengono meglio esposti alcuni dei più rilevanti progetti per cui, la Caporicci, ha senz’altro investito molto nel suo patrimonio formativo. Un saggio interessante e scorrevole, ma anche collage di memorie e impressioni vivide di partecipe passione, che mette in rilievo, più complessivamente, criticità e impegno della parte migliore delle nuove generazioni.
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