Morire per la NATO
Nei primi tempi della pandemia Covid, abbiamo creduto che, dopo milioni di morti, indicibili sofferenze e tragedie familiari, saremmo diventati migliori. Avremmo compreso meglio il senso della vita umana.
Il Covid non è ancora finito, sebbene siano quasi spariti i quotidiani stillicidi di morti e terapie intensive: ha lasciato il posto nei media all’ancor più tragica guerra in Ucraina.
Già, guerra! Dal primo momento dell’invasione, io continuo a chiedermi come abbiamo potuto arrivare a tanto senza mobilitare la diplomazia a qualunque costo, giorno e notte: come abbiamo potuto arrivare addirittura alle armi nel cuore dell’Europa che sembrava garanzia di pace ormai da molti decenni.
Oggi, siamo cambiati improvvisamente e siamo felici di vedere una corsa smodata e generale agli armamenti che rendono sempre più gaudenti solo i fabbricanti di morte. Perché da una parte abbiamo collocato il demonio Putin e dall’altra tutti i santi del Paradiso. Non c’è giornalista o commentatore che non canti le lodi dell’Alleanza Atlantica e della Nato, in una disgustosa e settaria propaganda unilaterale. Non esiste un dibattito dove vengano poste eventuali ragioni altrui. Finalmente, il pensiero unico impera, che poi è il pensiero unico dell’imperialismo occidentale, quello che sfrutta gli atri popoli ma ama i diritti umani, conquista le terre altrui e le saccheggia ma inneggia alla libertà.
Se penso a Putin, a me viene in mente la Cecenia (davanti alla cui distruzione non ci siamo mai stracciati le vesti) oppure Navalny e molto altro. Per quanto riguarda i diritti umani, infatti, in Russia c’è poco da sperare: misteriosi omicidi di chi obietta o indaga, mancanza di libertà, lotta alle ONG, censura degli artisti, contrasto alla comunità LGBT e persino ai disabili. Un mostro dalle tante orribili teste, insomma.
Se penso agli Stati Uniti, però, senza andare troppo lontano nel tempo (lascio perdere il Vietnam, la rovina degli Stati dell’America meridionale anche grazie alla CIA e tutte le molteplici violenze contro cui ho manifestato nella mia gioventù), mi viene in mente, ad esempio, Saddam Hussein. La propaganda (coscientemente falsa) aveva convinto tutti noi che egli possedesse armi di distruzione di massa. Non c’è dubbio che Saddam sia stato un sanguinario dittatore ma la sua eliminazione ha completamente distrutto l’Iraq, così come sono finite male la Siria, la Libia, la Somalia. Non parliamo, poi, dei massacri nell’ex Jugoslavia e stendiamo un velo pietoso sull’Afghanistan, riconsegnato addirittura ai tanto vituperati talebani! Usa e Ue si sono macchiati di guerre criminali (peggio ancora se avallate dall’Onu, dispendiosa organizzazione fantoccio che non si è mai sognata di mantenere la pace nel mondo). Gli Statunitensi, da sempre, portano e finanziano la guerra in paesi che non sono il loro sacro suolo, li destabilizzano, li rendono dei campi di battaglia in perpetuo.
Forse, però, mi sono chiesta, l’Occidente ha le sue ragioni perché compie una giusta lotta morale contro le dittature?
Non lo so. Mi pare, però, che il regime medioevale dell’Arabia Saudita non sia affatto in pericolo né il grande Erdogan, amnesico sui diritti umani e sterminatore dei Curdi, addirittura membro dell’amata Nato. Anche il regime egiziano mi sembra dorma sonni tranquilli nonostante, oltre ai suoi cittadini dissenzienti, ci abbia ucciso un ragazzo, Regeni, colpevole solo di essere troppo giovane per comprendere il nido di vipere in cui l’avevano mandato. In quel caso, nessuno ha pensato a straordinarie sanzioni, anche perché quel paese è un ottimo acquirente delle nostre armi ed Eni sfrutta lucrosi giacimenti egiziani!
Oggi, stiamo rischiando una Palestina in Europa e, invece, di battersi seriamente con la diplomazia per trattare con il regime imperialista russo, il regime imperialista occidentale ha permesso che una povera popolazione fragile quale quella ucraina entrasse nella spirale malvagia degli omicidi di massa che chiamiamo guerra. L’Ucraina è un modesto paese che deve mandare le sue donne lontano a fare le badanti ai nostri anziani, abbandonando affetti e famiglie, per incamerare valuta pregiata che, a quanto pare, è servita anche per comprare armi utili a rovinare quello stesso popolo.
La Nato è il vero punto della questione. Putin non vuole la Nato ai suoi confini. Quale paese imperialista vorrebbe le armi dell’altro blocco imperialista puntate ai suoi confini? Ricordiamoci di Cuba, ancora sottoposta a sanzioni, e dei missili russi.
L’impegno tra le potenze, sancito pochi anni fa, era di non allargare la Nato ad est, considerando che il Patto di Varsavia si è sciolto da più da 31 anni. Eppure, in questa bulimia di interessi statunitensi a cui, evidentemente, siamo succubi, oggi tutti amano la Nato. Tutti vogliono entrarci, tutti vogliono pagare per essere militarizzati al massimo.
Invece, fin dagli anni ‘60, in Italia e anche in molti altri paesi europei, erano già sorte tante proteste contro un’alleanza militare che oggi non avrebbe nemmeno più ragione di essere, visto che i due blocchi della Guerra fredda non esistono più. Oggi, la Nato è, invece, la lunga mano degli Usa che ci destinano a combattere di qua e di là dove piace a loro e ci spingono a comprare a caro prezzo quello che gli comoda (non dimentichiamo l’obbligo gli F35, poco funzionanti ma carissimi).
Sarebbe ora proprio il caso di tornare a gridare “Fuori l’Italia dalla Nato” (ci costa più di 20 miliardi circa all’anno perché investiamo nella militarizzazione e nel mantenimento delle basi l’1,6% del PIL e ci è stato pure chiesto di arrivare almeno al 2%!), di smantellare gli arsenali atomici e di smettere di fabbricare e vendere armi. Un paese che ha negli articoli base della sua Costituzione “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11) come può essere mercante d’armi, base aerea per conto terzi e deposito di testate nucleari?
L’unico fatto positivo di questa immane tragedia è che i profughi ucraini, almeno, dato che sono “di razza bianca”, vengono accolti dagli altri paesi a braccia aperte.
Dunque, cerchiamo di spendere meno per gli armamenti e di più per promuovere i diritti umani di tutti i popoli sulla terra (magari anche di quelli non bianchi o, persino, di religione differente).
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