Dal libro di Mirco Buffi – “Monte Compatri e i Monticiani” edito dall’Associazione Culturale Photo Club Controluce
Monte Compatri sorge su uno dei coni di scorie più alti del vulcano laziale (583 m s.l.m.), ciò significa che la collina sulla quale si stende il paese ha avuto origine durante la lunga attività del vulcano castellano ormai quiescente da 20.000 anni. Ripercorrere gli eventi che hanno portato all’attuale assetto dell’apparato dei Colli Albani, detto anche Vulcano Laziale, è un modo per conoscere come la natura ha operato nei millenni sul territorio sul quale viviamo e come si colloca Monte Compatri rispetto alle strutture e alle morfologie principali del vulcano (foto 1).
Il complesso vulcanico dei Colli Albani, la cui attività ha avuto inizio circa 600.000 anni fa , è costituito da tre apparati concentrici. Il più esterno raggiunge in affioramento i 200 m s.l.m. ed è costituito dai prodotti vulcanici più antichi. Il secondo è il cosiddetto “apparato Tuscolano-Artemisio” (foto 2) che ha un diametro di 10-12 km e, nel settore sudorientale, raggiunge la quota massima di 800-900 m s.l.m. (Maschio d’Ariano 892 m, Monte Peschio 921 m, Maschio dell’Artemisio 813 m). Il bordo esterno è slabbrato e ribassato sul lato occidentale e le pareti interne sono franate a causa dello svuotamento del condotto vulcanico.
Dopo un periodo di inattività di circa 200.000 anni, l’apertura di un nuovo condotto vulcanico nella zona centrale del cratere ha originato un terzo apparato denominato delle Faeta (foto 3) o dei Campi di Annibale che, con un diametro di due km, s’innalza da una quota di circa 600 m s.l.m. (Colle Ano 938 m, Maschio delle Faeta 956 m, Monte Cavo 949 m). L’edificio esterno e quello interno sono separati da un’area di forma anulare prevalentemente pianeggiante detta Atrio della Molata nel quale, contemporaneamente alla formazione dei Monti delle Fatte, si sono verificati fenomeni esplosivi che hanno formato numerosi coni di scorie. Alcuni di questi si elevano in una posizione isolata nell’atrio e perciò sono ben riconoscibili nella loro forma tipica, come il Monte Fiore ad est del recinto interno, altri coni invece si sono formati sui fianchi esterni dell’apparato delle Fatte (Monte Pencolo, Castel Molata) ed altri a ridosso della cinta esterna. Tra i più importanti, il cono vulcanico di Rocca Priora, il cono di Monte Salomone, Monte Compatri e Monte Porzio che però sono meno evidenti dal punto di vista morfologico perché situati su di una morfologia già notevolmente accidentata. In particolare il cono di Monte Compatri a causa del pendio fortemente scosceso sul quale si è venuto a sviluppare si eleva soltanto di una cinquantina di metri sul fianco esterno del recinto Tuscolano-Artemisio, mentre a valle degrada con forte pendenza per circa 130 metri sulla campagna adiacente.
Per quanto concerne le morfologie negative sono ben evidenti le depressioni di Albano e Nemi, attualmente occupate da due laghi, e la valle Ariccina. La depressione di Albano ha una forma ovale che si ritiene derivi dalla coalescenza di più crateri di esplosione. Le acque del lago, che attualmente occupano la depressione, raggiungono una profondità massima di circa 175 m e ricoprono un’area di 5,7 kmq. La depressione di Nemi, a circa 4 km S-E del lago di Albano ha la forma di un “8” anch’essa dovuta alla coalescenza di due crateri d’esplosione sub-circolari. Attualmente soltanto il cratere meridionale della depressione è occupato dal lago di Nemi, con un’area di 1,79 kmq ed una profondità massima di 32,4 m. La valle Ariccia è una depressione di forma ellittica: il fondo della valle è sostanzialmente pianeggiante con zone rilevate che raggiungono al massimo i 300 m. Il bordo della depressione è stato completamente distrutto dall’erosione nel settore meridionale, mentre è ancora evidente soprattutto ad est ed ovest. Anche la valle di Ariccia nel passato molto probabilmente è stata occupata da un lago, il prosciugamento del quale è avvenuto in tempi così remoti da non averne notizia in nessuno scritto.
Questo assetto morfologico del vulcano laziale è il risultato dell’attività dell’apparato distinguibile in tre fasi: la fase Tuscolano-Artemisio, la fase Faeta (o Campi d’Annibale) e la fase idromagmatica. Più del 90% in volume dei prodotti vulcanici eruttati complessivamente durante l’attività del vulcano è stata emessa durante la fase Tuscolano-Artemisio, tra 600.000 e 300.000 anni fa dall’area centrale dell’edificio omonimo. Questa fase si è conclusa con il collasso della caldera per svuotamento della camera magmatica. Durante il collasso, e subito dopo, si è verificata un’intensa attività eruttiva di tipo Stromboliano con emissione di lava dalle fessure create dal collasso e con la formazione dei suddetti coni di scorie. La fase Fatte, compresa tra 300.000 e 200.000 anni fa, riguarda l’attività stromboliana dell’edificio delle Fatte, posizionato all’interno dell’area collassata dell’edificio Tuscolano-Artemisio. I prodotti vulcanici emessi durante questa fase sono livelli di scorie intervallati da depositi di flusso piroclastico. Anche questa fase termina con un collasso dell’edificio vulcanico che dà origine alla caldera dei Campi di Annibale, sul bordo della quale si sono formati gli ultimi coni di scorie: Colle Iano e Monte Cavo.
L’ultima fase dell’attività dei Colli Albani è di tipo idromagmatico (foto 4), ha inizio 200.000 anni fa e termina 20.000 anni fa (Mercier, 1993). Durante questo periodo si verificano violente esplosioni freato-magmatiche, soprattutto da crateri situati nel settore occidentale dei Colli Albani (Ariccia, Nemi, Giuturna e Albano), mentre nel settore settentrionale i crateri coinvolti sono di dimensioni minori rispetto ai precedenti (diametro di circa 1 km), (Pantano secco, Prataporci, Valle Marciana e Castiglione). I prodotti di questa attività sono prevalentemente Surges e Lahars.
Di questa lunga ed intensa attività vulcanica ha potuto beneficiarne l’uomo. Infatti, i prodotti originati dall’attività dei Colli Albani in passato hanno alimentato un’intensa attività estrattiva di materiali da costruzione come tufi e pozzolane. Ricordiamo anche i “sampietrini”, che lastricano moltissime delle strade del nostro paese, blocchi di lava leucitica caratterizzata da una struttura compatta e perciò particolarmente resistente.
Merita un cenno particolare la roccia nota a tutti con il termine di Sperone coltivato nel passato in particolare nella cava di Monte Salomone presso Monte Compatri e utilizzato per particolari effetti decorativi sia nei luoghi di produzione che a Roma. Lo sperone è una roccia lavica o scoriacea che ha assunto la particolare colorazione giallo-brunastra che la caratterizza a causa di una forma di alterazione verificatasi lì dove le fumarole sono state più attive. Il processo di speronizzazione è osservabile soprattutto nella zona del Tuscolo, Frascati, Rocca Priora e ovviamente Monte Compatri. L’osservazione del fronte della cava di Monte Salomone è particolarmente interessante perché consente di osservare una formazione di scorie con tutti i passaggi a scorie saldate, a lava saldata e infine a lava compatta e fa vedere che il processo di speronizzazione è tanto meno spinto (fino a mantenere la roccia il colore grigio originario) quanto più la lava è compatta.