Situato frontalmente all’arco che una volta era l’unico accesso al centro abitato, il Belvedere è senz’altro uno dei punti più caratteristici e belli di Monte Compatri. In origine era un dirupo scosceso e da lì passava il sentiero che gli abitanti dovevano percorrere per andare alle vigne e per tornare la sera alle proprie case. Fin dall’inizio della storia di Monte Compatri, quest’area ha ricoperto un ruolo importante nella vita del paese, anche se, come vedremo, per scopi diametralmente opposti. Servì subito, infatti, come discarica di rifiuti, ma non doveva essere, comunque, un luogo nauseabondo come lo potremmo immaginare oggi, anzi, forse doveva essere ben più salubre che non l’interno del paese stesso. È noto che una volta, in mancanza di fogne e servizi igienici, i rifiuti corporali erano gettati dalla finestra lungo le strade cittadine dell’abitato che, proprio perché strette e attufate dai caseggiati, erano poco areate.
Tornando alla nostra discarica, di avanzi della cucina poi, neanche a parlarne, quel poco che rimaneva, se rimaneva, era destinato agli animali. Possiamo perciò supporre che i rifiuti gettati lungo la scarpata dovevano trattarsi quasi esclusivamente di cocci, stracci, mobili rotti, calcinacci e poc’altra roba. Fatto sta che, con il passare degli anni, lentamente, quel dirupo cominciò sempre più a prendere la forma di una balconata. Quando il paese iniziò ad espandersi uscendo dal castello primordiale – dovremmo essere intorno al 16°/17° secolo – l’edilizia, controllata dai feudatari, ebbe il buon gusto di salvaguardare quest’angolo. Nel giro di pochi secoli si trasformò nell’incantevole Belvedere del quale oggi, tutti noi, possiamo usufruire, gustando l’incredibile panorama che si apre sulla mitica Città Eterna: Roma.
Non c’è una stagione migliore di un’altra per riempirsi gli occhi di questa vista, ma se oltre agli occhi vogliamo riempirci anche il cuore, l’animo, di rari incontri con se stessi, allora le sere d’estate sono i momenti migliori.
Si arriva al Belvedere, o piazza della Repubblica, da via Placido Martini oppure da via Carlo Felici; una volta arrivati è doverosa una bella rinfrescata alla vecchia fontana. Costruita nel 1891, la vasca inferiore è ricavata dalla roccia tipica del nostro territorio: lo sperone; mentre quella superiore è un reperto archeologico di epoca romana trovato nel nostro territorio, particolarmente ricco di tali testimonianze, ma questo sarà oggetto di un altro capitolo.
La fontana, per anni, ha rappresentato l’unico approvvigionamento idrico per la parte alta del paese. Quando gela, nelle fredde giornate invernali, questa piccola fontana offre spettacoli preziosi per i fotografi e per gli amanti degli stravaganti e sublimi giochi della natura. Secondo i punti di vista, a fare da cornice o da soggetto principale al panorama su Roma e alla fontana, sono i lecci secolari, che con chiome lussureggianti, sorrette da un incredibile intreccio di rami contorti, inondano la piazza di una gradevole e fresca ombra di giorno e riparano dalla poca umidità che può esserci la sera. Nonostante queste bellezze, il Belvedere non è il punto di ritrovo dei monticiani, almeno non più, è invece il luogo dove appartarsi in compagnia dell’intera umanità e scoprirsi in pace con ogni più piccola briciola di essa. Sarà l’imponente vista sull’immensità di Roma, sarà la tranquillità che regna sotto i lecci, sarà il trovarsi alla stessa altezza degli uccelli che piroettano dritti davanti agli occhi e non si è costretti ad alzare lo sguardo, sarà la mamma che gioca col suo bambino e gli insegna a camminare appena una panchina più in là di dove si sta seduti, sarà la coppietta che si guarda teneramente negli occhi accarezzandosi di tanto in tanto con dolcissimi baci, ma la sensazione che si accoccola nel cuore è quella di… essere.