Mochi, finisce un “esilio” durato 120 anni
Utilizzata un’evoluzione della tecnologia già impiegata da ENEA per i Bronzi di Riace
Dopo un “esilio” di 120 anni, ritorna nel Duomo di Orvieto il gruppo dell’Annunciazione, composto da due statue realizzate a inizio ‘600 da Francesco Mochi. Il riposizionamento in cattedrale è stato curato dall’Opera del Duomo in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, l’Istituto superiore per la conservazione e il restauro e l’ENEA, che ha realizzato due innovativi basamenti antisismici per mettere in sicurezza le statue, similmente a quanto realizzato per i Bronzi di Riace nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
“Rispetto ai basamenti dei Bronzi di Riace, dotati di dispositivi ‘passivi’ che massimizzano l’isolamento sismico, per le opere del Mochi abbiamo realizzato dispositivi del tipo ‘semi-passivo’, vale a dire in grado di sbloccare il piedistallo e attivarlo in funzione antisismica al primo segnale di terremoto”, spiega Gerardo De Canio, l’ingegnere ENEA che ha ideato e predisposto i basamenti.
“Un’altra differenza sono i materiali che abbiamo utilizzato per i basamenti: in acciaio per Orvieto e in marmo per i Bronzi di Riace, ma entrambi sono del tipo ‘a doppio pendolo’, cioè costituiti da due calotte sferiche che con il loro rotolamento riescono a massimizzare l’isolamento sismico”, aggiunge De Canio.
Il gruppo dell’Annunciazione è stato ai lati dell’altare maggiore del Duomo di Orvieto per quasi tre secoli, finché la tendenza “purista” di fine ’800 della scuola di restauro ne comportò la rimozione, insieme alle statue raffiguranti i 12 apostoli e i quattro santi protettori. Da allora l’intero ciclo scultoreo è stato collocato prima nei sotterranei del duomo, poi in temporanea esposizione alla chiesa di Sant’Agostino di Orvieto. Il ritorno dell’opera del Mochi precede quello delle altre sculture, che saranno riposizionate nel Duomo entro fine anno, sorrette da basamenti anch’essi assemblati su progetto ENEA.
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