Mia madre è un fiume
Squarci di esistenze da ritrovare e sguardi che si allargano lungo gli aspri pendii delle montagne abruzzesi. Il libro di Donatella Di Pietrantonio è già un caso letterario: nato dalla penna di una scrittrice non professionista (l‘autrice è un’odontoiatra), pubblicato dalla casa editrice Elliot (sempre molto attenta nell’intercettare il talento degli esordienti), Mia madre è un fiume è già candidato al premio Strega, 2011. È la biografia familiare di un amore profondo e del distacco, del pudore dei sentimenti, dell’incomunicabilità da superare per colpa della malattia e dei rimorsi che arrivano e divorano i ricordi. È il dialogo interiore fra due donne, una madre e una figlia. È il monologo della giovane – l’io narrante – che deve lottare contro quel vuoto e l’assenza lasciati dall’Alzheimer che ha confinato mamma Esperia in un angolo di mondo che diventa sempre più invalicabile. È un libro di ricerca e di bilanci di una figlia ribelle e distante che deve riavvicinarsi a sua madre. Evocativo, romantico e affilato, ma che non lascia mai spazio al patetico o alla banalità, il racconto di Donatella Di Pietrantonio è anche una storia narrata nella storia: quella degli anni ’40, della guerra, degli emigranti e dell’emancipazione, della vita tra le montagne di quell’Abruzzo, coi suoi mondi e i suoi itinerari di vita raccontati con rara intensità.
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