Meta-informazione o para-informazione?
Mercoledì 18 giugno sono iniziati gli esami di maturità con la prima prova scritta, il tema di italiano, con alcune tracce uguali per tutti e altre differenziate secondo l’indirizzo di studio. Questo accadimento, così elementare e consolidato, ci dà lo spunto per parlare dell’indirizzo che ha preso l’informazione nel momento attuale. Il giorno dopo, due dei maggiori quotidiani italiani, Il Messaggero e la Repubblica, davano la notizia (?) con commenti e contro-commenti, percentuali e spiegazione-interpretazione delle tracce.
Mancava il meno: una semplice, letterale trascrizione delle stesse tracce. Ma potevamo con grande piacere apprendere dallo stesso quotidiano opinioni completamente contrastanti. Infatti, a proposito del tema riguardante una poesia di Quasimodo, non trascritta naturalmente, uno diceva che «tuttavia si tratta di un poeta di secondo rango» e «la poesia scelta, poi, tra le tante di Quasimodo, mi sembra anche un po’ secondaria». Un altro commentatore: «una bellissima poesia di Salvatore Quasimodo, uno dei nostri migliori poeti contemporanei».
Sarà per questi voli pindarici (siamo buoni) e per la perdita di significato delle parole, che termini come metafisica e poesia sono oggi usati in tono dispregiativo, quasi a intendere arzigogoli e trastulli verbali. Il fatto è che se alla metafisica, che dovrebbe essere oltre le cose (a proposito, di questi tempi diffidare sempre di chi dice di essere “oltre“: c’è l’inganno) e quindi dovrebbe trattare argomenti superiori, togli le cose – tà physikà – o si dimentica il Neruda di «Voglio… la mia poesia attaccata alla terra», si parla veramente a vuoto. Così anche l’informazione non dà le notizie (i fatti, le cose) ma le centrifuga, le abbellisce con la fettina d’arancia e l’ombrellino; diventano uno spettacolo, un bel vedere e un cattivo sapere (e sapore).
Se fosse meta-informazione, cioè informazione alta, di analisi e approfondimento, ci si potrebbe anche stare. Purtroppo l’evidenza è che si sta pericolosamente virando verso una para-informazione o simil-informazione fatta di molti lustrini e fiocchetti, e di scarsi contenuti. Serve a contrastare lo strapotere dei talk show dei riti e degli opinionisti “un tanto al chilo”? Serve a impedire o sviare la formazione di un convincimento libero e l’allenamento della mente che, sonnolenta, può meglio assorbire messaggi più o meno – sempre meno – subliminali? O, disperazione delle disperazioni, a nascondere carenze di base di alcuni sedicenti giornalisti?
Picasso arrivò all’astratto sapendo dipingere benissimo: si veda l’Arlecchino bambino sulla sedia. Invece i Picasso dell’informazione spesso tracciano righe e versano colore a caso. Tutti abbiamo difficoltà e deficienze, quindi non pretendiamo un plenilunio tutte le notti. Ma almeno l’onestà di dire: guardate, sto indicando la luna; oppure: sì, è vero, sto indicando solo il dito; o magari: è nuvolo, si vede niente.
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