Meraviglie del grafene
Avete presente il grafene? No? Be’ non importa, si rimedia subito: è uno strato di atomi di carbonio. Punto. Uno strato, un solo strato di atomi, disposti in maniera regolare a formare tanti piccoli esagoni. Tanto piccoli che non è possibile vederli a occhio nudo, e neppure con i più potenti microscopi. Così come non è possibile vedere gli atomi di carbonio (e nessun altro atomo al mondo), né lo straterello – flessibile, leggerissimo, resistentissimo e durissimo – composto da quei minuscoli elementi atomici.
Eppure, per piccoli che sono, gli scienziati riescono non soltanto a produrli (è piuttosto semplice: si parte dalla grafite, insomma la mina di una matita…) ma anche a maneggiarli. E a farci un sacco di cose, di oggetti, di utilizzi innovativi, dalle racchette da tennis ultraleggere ai portarotolini di scotch con l’estremità seghettata. Due scienziati russi, che per primi hanno creato un foglio di grafene, ci hanno perfino guadagnato un Nobel, pochi anni fa.
La notizia, comunque, non è questa. La notizia è che alcuni ricercatori di Genova sono riusciti a ricoprire con un po’ di grafene, semplicemente spennellandocelo sopra, l’estremità di una batteria, aumentando così in maniera notevole (anche del 25-30%) la sua efficienza. Ed efficienza qui significa maggiore durata della carica, minor tempo di ricarica, e possibilità di rendere le batterie del futuro straordinariamente piccole e durature; flessibili al punto da poterle avvoltolare come una sigaretta; e tanto potenti da alimentare i motori delle automobili per lunghe distanze.
I ricercatori genovesi, applicando dunque un grafene liquido alle batterie, hanno trovato il modo per prolungare la vita a tutte le riserve ‘tascabili’ di energia. Una cosa tutt’altro che banale, nella società delle tecnologie personali di oggi, che lascia intravedere rese economiche da milioni, forse da miliardi di euro.
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