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Memoria Autobiografica | Bruno Ceccobelli, Longamarcia Post-Temporale

Memoria Autobiografica | Bruno Ceccobelli, Longamarcia Post-Temporale
Aprile 12
10:47 2021

Si può definire memoria autobiografica l’insieme dei ricordi che hanno caratterizzato e in qualche misura influenzato la nostra esistenza, visti nella prospettiva del sè nel rapporto con il mondo

VOLUME! ricostruisce la sua memoria attraverso una serie di tracce, recuperate e riportate alla luce in una newsletter. Di volta in volta, saranno raccolti testi, immagini, video che, come indizi di recupero, permetteranno la riattivazione delle memorie personali dei lavori realizzati in Via San Francesco di Sales.

 

10 – BRUNO CECCOBELLI, Longamarcia Post-Temporale, 2007

a cura di Angelo Capasso

…PER PIEDI E PER MANI
cinque dita tra Angelo Capasso e Bruno Ceccobelli

 

Pollice
“Se ho fatto dell’alchimia, è stato nell’unico modo possibile ai nostri giorni, ovvero senza saperlo” (Marcel Duchamp). Quanto dell’Alchimia per te è un sapere e quanto un saper fare?

Un vero alchimista nasconde i suoi segreti. Non perché è geloso, egoista e vanitoso, non perché pensi di far commerci del suo oro, ma perché ognuno deve conquistarsi, sulla propria pelle, la propria dimensione di coscienza e di crescita, necessariamente individuale. Questa è la differenza tra una cultura d’informazione (scolastica) e una cultura d’officina (esperenziale). La prima è la via secca (razionale, politica) e la seconda è la via umida (metafisica, spirituale).

Indice
L’installazione a Volume! delinea un doppio senso ben riconoscibile che contrappone lineare/razionale e circolare/vorticoso/ideale: entrambi hanno un moto ascensionale. È possibile quindi che le due linee siano perfettamente alternative, o credi nella complementarietà degli opposti?
Nell’installazione di Volume! ho voluto tracciare due spirali, opposte come energie, ma che in alcuni punti si toccano: una geometrica lineare, che rappresenta la razionalità, la storia e la via analitica, che è anche una passerella per gli osservatori, questa formalmente parte dal suo centro poi va a discendere aprendosi, quando l’altra spirale ovoidale, che rappresenta la metafisica, si racchiude nel suo centro e si eleva. Credo che la storia sia prettamente un “racconto” materialistico e che, viceversa, la spiritualità e l’arte abbiano piuttosto un’energia differente e che solo raramente si tocchino. E quando avviene il miracolo dell’incontro l’uomo si trasforma veramente secondo natura!

Medio
Metafisica, metastoria, ma forse anche metapolitica (o fantapolitica?): i tuoi riferimenti a Joseph Beuys sono ad un artista che ha costruito una grande Utopia, smentita dalla storia, dal pragmatismo americano più vicino al mercato, e a Warhol (per citare un’avanguardia parallela e alternativa a Beuys). In che modo pensi che il distacco “freddo e dissimulatore” – come direbbe Carlo Emilio Gadda – che cerca un dialogo con il Mito, ci consente una partecipazione, seppure ideale, nei fatti del quotidiano, quando questo è ormai basato sull’informazione ed un’arte “aggiornata”, prosciugata da qualsiasi respiro ultramondano?

Joseph Beuys è l’artista che ha sviluppato con la sua opera artistica-filosofica-politica il pensiero più innovativo nell’estetica del XX secolo. Grazie alla sua vasta cultura esoterica ha voluto sintetizzare con le sue performance una vera e propria politica dell’arte nel sociale. “La terza via” è un’alternativa tra capitalismo e socialismo. Il suo pensiero rivoluzionario parte dall’uomo e dalla sua spiritualità, interagisce nel rispetto della natura con il cosmo. Infatti nella sua Free University si svilupparono i fondamenti del partito dei verdi tedesco. Warhol è un personaggio reazionario, a volte ironico e a volte distante (assente) dal mondo capitalistico che condivideva. Io sono più vicino all’estetica metafisica di Beuys e credo formalmente che l’arte, nel futuro, possa portare a dei cambiamenti epocali alla società.

Anulare
Il medico greco Galeno (129 e il 200 ca. d.C) in “La natura dell’uomo” in cui tratta proprio degli umori (cap. 1-8), considera questi quattro come veri e propri fattori costituivi dello stesso corpo umano (come in Ippocrate). In particolare, nel suo quadro teorico, il primo livello della realtà fisica è dato da un sostrato di materia ingenerata ed informe che subisce l’azione delle quattro qualità primarie (caldo, freddo, secco, umido); esito di tale processo sono i quattro elementi. Dal combinarsi di aria, acqua, terra, fuoco derivano i quattro umori. I quattro elementi sono a fondamento di tutto ciò che esiste, mentre i quattro umori vengono a edificare i tessuti costituivi degli specifici organi corporei delle varie specie animali e dello stesso uomo. I quattro elementi (aria, acqua, terra, fuoco) sono presenti nell’installazione a Volume! secondo un formato portatile: gocce d’acqua, lumini che riscaldano le forme di raku, macerie e, aggiungerei, l’alito dei visitatori. Tra l’archetipo e il presente quindi si ha solo una trasformazione degenere o credi che ci sia qualcosa in più che si aggiunge nel Moderno a queste componenti della vita e dell’arte?

Per alcuni curiosi, al di là del visibile, dietro alla superficie del reale, ci sono strutture archetipali costitutive, che sono da considerare macchine complesse di simboli. Nel quotidiano essi si possono interpretare per via della legge della similitudine. Questi hanno la capacità di far riconoscere e di approfondire, applicandole, delle sintesi etiche basate proprio su dialettiche “quaternarie”.

Mignolo
Il senso ultimo della tua installazione sembra essere quello di un Museo dell’Umanità, un Museo dei Musei, come direbbe André Malraux, ma quello che prevale nel tuo museo in atto sono le macerie industriali e delle forme, o formelle, che richiamano ad una tradizione lontana, quello della ceramica raku. Ricordo brevemente: la ceramica raku nasce per mano di Chojiro, ceramista giapponese vissuto nell’epoca Momoyama (XVI sec.), ed è da sempre legata alla produzione di ciotole per la cerimonia del tè (cha-no-yu). È infatti per Sen Rickyu, maestro dello cha-no-yu, che Chojiro iniziò ad utilizzare la tecnica che poi verrà chiamata “Raku”. Da allora in poi Raku è diventato anche il cognome della famiglia di ceramisti discendenti di Chojiro che da 15 generazione porta avanti la tradizione del raku in Giappone. Quale pensi sia la possibilità di interpretazione di una civiltà ormai così vicina nelle sue accezioni moderne (la tecnologia, ad esempio) eppure così lontana nelle sue radici originarie?

Nella modernità ha vinto la civiltà del cemento (armato sic!), una distruzione, opera della speculazione industriale. Io in questa installazione ho voluto mostrare le sue rovine; il raku invece rappresenta la tradizione artigianale artistica legata ancora al manufatto, che nell’esposizione è raffigurato dalle impronte naturali dell’uomo e dalla sua “longomarcia”. Essendo le culture orientali le più antiche e guardando io più “alle origini” che non al presente, è naturale che sia affezionato più ad esse, non solo per l’antica ceramica, pressoché sconosciuta nell’arte contemporanea, ma anche per l’osservazione della filosofia buddista e zen oggi considerata tra le riflessioni spirituali più pacifiste.

 

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