Matteo Ricci, dalla Cina verso il futuro
Quest’anno ricorre il IV centenario della morte di Matteo Ricci, il missionario gesuita fondatore delle Missioni Cattoliche in Cina, cui va il merito di avere creato un ponte tra la cultura cinese e quella occidentale. Nato a Macerata il 6 ottobre 1552, all’età di diciotto anni entrò nella Compagnia di Gesù in Roma. Dopo aver ottenuto, nel 1577 il permesso di partire per le Missioni d’Oriente, riuscì ad entrare in Cina, allora impenetrabile agli stranieri, il 10 settembre 1583, ormai sacerdote da tempo e dopo un intenso periodo di studio e di preghiera. Matteo Ricci, attraverso una condotta di vita esemplare, una squisita cortesia e una generosità aperta a tutti, riuscì, il 24 gennaio 1601, ad entrare persino a Pechino, accolto con grandi onori dai dotti, dai Mandarini e dallo stesso Imperatore. Vi morì l’11 maggio 1610 tra il compianto generale. L’affetto, l’amore e la stima del popolo cinese per il gesuita marchigiano si manifestano apertamente nel Museo del Millennio di Pechino dove solo due stranieri sono ricordati tra i grandi della storia del Paese: Marco Polo e Matteo Ricci. Ideatore di un vero e proprio nuovo metodo di apostolato (consistente nell’adattamento agli usi e costumi indigeni, nella conversione, innanzitutto, dei dotti e delle classi dirigenti e nella cura minuziosa della formazione del clero indigeno), il Ricci, approfittando dell’amore dei cinesi per la cultura, riuscì a presentare ad essi la fede in Cristo anche attraverso la scienza: non a caso troviamo diversi suoi libri scientifici e religiosi, altissimi esempi di letteratura cinese. La figura di questo religioso ha sempre affascinato gli studiosi, e non solo, di tutto il mondo (anche il Senatore a vita Giulio Andreotti, nel 2001, ha pubblicato un libro sul Ricci): alcuni hanno persino definito questo gesuita primo uomo globale della storia. E di certo non poteva mancare il Papa a celebrarlo: il 29 maggio di quest’anno, Benedetto XVI, in occasione dell’udienza ai partecipanti al pellegrinaggio per il IV centenario della morte di Matteo Ricci, riuniti nell’Aula Paolo VI in Vaticano su iniziativa delle diocesi marchigiane, oltre ad esprimere la propria stima verso il nobile popolo cinese, ha definito il grande marchigiano «un caso singolare di felice sintesi tra l’annuncio del Vangelo e il dialogo con la cultura del popolo a cui lo si porta». Presso la sala conferenze è stato proiettato in anteprima mondiale il documentario Matteo Ricci, un gesuita nel Regno del Drago, opera del regista Gjon Kolndrekaj, che ha ricevuto il Patrocinio della Compagnia di Gesù e persino il benestare del Governo di Pechino. Sono veramente tante le iniziative che si sono svolte o che si dovranno ancora svolgere per ricordare la vita e le opere di Matteo Ricci in occasione del IV centenario della sua morte: sono tutti segni di entusiasmo e di stima nei confronti di un generoso e dinamico religioso, missionario e scienziato, che seppe proiettarsi nel futuro bandendo la paura per l’ignoto, animato fino alla morte dal desiderio di conoscenza.
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