Matera Capitale europea della cultura 2019
Capitale europea della cultura è un’idea di Melina Mercouri, che la propose nel 1985 al Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea con lo scopo di far avvicinare i popoli europei. Da quell’anno la manifestazione è cresciuta di importanza, ma senza perdere di vista l’obiettivo primario: valorizzare la ricchezza, la diversità e i tratti comuni fra le varie culture, favorire la presa di coscienza dell’appartenenza a una medesima comunità europea. Insomma uniti nella diversità.
L’iter per candidarsi a capitale culturale segue regole molto precise e nulla si può lasciare al caso e all’improvvisazione. Bisogna candidarsi non meno di 4 anni prima della manifestazione e il titolo viene assegnato soltanto a una città per anno. Le città vengono scelte in base agli eventi culturali particolari che propongono di organizzare in vista di un anno eccezionale. Non viene assegnato solo un ‘titolo’: la città è invitata a sfruttare le sue particolarità e a dar dimostrazione di una grande creatività. Patrimonio e vita culturale permanente sono elementi importanti, ma costituiscono solo la base per l’organizzazione dell’avvenimento. Il programma dell’anno Capitale europea della cultura deve rivestire quindi un carattere eccezionale ed essere creato ad hoc. Le città elette ricevono il finanziamento per il loro ‘anno particolare’ dalla Comunità Europea soltanto se riescono a realizzare il progetto per cui sono state scelte.
Occorrono idee innovative, proiettate nel futuro per costruire e realizzare una strategia unitaria che coinvolga e interessi i cittadini, partner nazionali, locali ed europei, con i quali collaborare attivamente. E tra le diverse città italiane che si erano proposte per l’anno 2019 Matera è stata ritenuta la città con le proposte più valide.
Terra di passaggio e scambio
Città dalla storia affascinante e complessa, di forti contrasti, di fusione di paesaggi, culture, civiltà diverse che racconta della capacità dell’uomo di adattarsi perfettamente all’ambiente e al contesto naturale. Città tra le più antiche del mondo: dal neolitico a oggi, per circa 7000 anni uomini hanno abitato, senza alcuna interruzione, gli stessi luoghi. «Matera e la Basilicata sono state e sono terre di passaggio, scambio e trasformazione. Dagli antichissimi percorsi e riti ciclici della transumanza alle influenze della Magna Grecia, di Roma, bizantine, longobarde, arabe, normanne e sveve. Dalle immigrazioni alle emigrazioni dei (giovani) lucani sparsi nel mondo, minoranza altrove» recita un punto della relazione per la candidatura.
La città costruita ha sempre convissuto con la città scavata. Le grotte rupestri, a partire dal vii secolo, divennero sedi delle comunità monastiche benedettine e greco-bizantine. Queste ultime portavano dai luoghi di provenienza, Cappadocia, Anatolia, Armenia, una cultura del vivere nella grotta che si fuse con una popolazione già esperta nell’escavazione del tufo.
Dal 1663 fino all’inizio dell’Ottocento Matera conosce un periodo di un certo benessere; successivamente, e fino al 1952, ha un lungo periodo di decadenza sia per le crisi dell’economia agricola che per la perdita del ruolo politico amministrativo. Il degrado è stato tanto grave da costringere i più poveri a utilizzare le grotte anche come abitazione, attrezzandole per ricoverare persone e animali: le grotte-stalle divennero casa-grotta-stalla. E Matera divenne vergogna nazionale anche grazie alle denunce degli intellettuali: e la politica si interessò finalmente di quella realtà.
Gli abitanti dei ‘sassi’, circa 15mila persone, ebbero una casa a spese dello Stato italiano, che divenne proprietario delle grotte. Sassi che divennero nel 1993 patrimonio mondiale dell’umanità, tutelato dall’Unesco. Ora Matera, intelligentemente restaurata e valorizzata, è una bellissima meta turistica: una città concepita non per un attraversamento rapido, ma per fermarsi.
La Casa di Ortega
Tra le cose da assaporare a Matera c’è la Casa di Ortega, comprata dall’artista spagnolo antifranchista José García Ortega (Spagna 1921-Parigi 1990) e donata dai suoi eredi a una fondazione, con il vincolo di destinare questo spazio a un museo.
Ortega nel 1973 si trasferisce a Matera, dove scopre tecniche e materiali dell’artigianato artistico locale, cioè la cartapesta; i cartapestai di Matera, andava dicendo, gli avevano svelato la ‘tridimensionalità’ della pittura. Nella casa, un tempo fortilizio longobardo nel Sasso Barisano, sono esposti venti bassorilievi policromi in cartapesta, formanti le due serie narrative Muerte y Nascimiento e Pasaron.
La Casa è stata in parte restaurata seguendo un’idea dello stesso Ortega cioè di non ‘mettere’ le sue opere su nude pareti, ma di farle vivere in ambienti arredati con mobili e decorazioni che riproducessero la loro destinazione d’uso domestica: cucina, sala da pranzo, camera da letto, soggiorno. Ed è nata così una simbiosi perfetta tra le opere del maestro e le produzioni dell’artigianato locale.
Le antiche manualità, lavorazione del tufo, terracotta, ceramica, legno, ferro, cartapesta, stoffa, sono rinate e al servizio di un loro uso concreto, è risorto l’arredamento dell’abitazione. È la riscoperta di un legame tra idee e manualità, artigianato e arte; recupero di competenze perdute; abilità artigiane andate smarrite. Arte e mestieri che si fondono e rinascono in un momento di crisi anche economica.
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