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Massimiliano D’Asburgo in Messico – 2

Massimiliano D’Asburgo in Messico – 2
Giugno 30
23:00 2009

Massimiliano D’AsburgoL’unica garanzia che ebbe Massimiliano fu un contingente francese di ottomila soldati il cui costo sarebbe stato a carico del governo imperiale messicano. Un plebiscito dal risultato discutibile dichiarò che il 70 % dei messicani erano favorevoli a Massimiliano il quale non immaginava che solo un terzo del paese era controllato dall’esercito francese. Questo lo spinse a partire pieno di buone intenzioni ma senza avere la minima idea delle reali condizioni in cui versava il paese che doveva governare. Il fatto che fossi fuori dalla realtà è dimostrato dal fatto che impiegò il tempo della traversata compilando il regolamento di etichetta a corte. La doccia fredda la coppia imperiale la ebbe durante il viaggio da Veracruz a Città del Messico. A parte le zone controllate militarmente dai francesi, il paese era interamente controllato dall’esercito di Juarez. Il clero e gli aristocratici speravano in questo imperatore, ma Massimiliano deluse le aspettative del clero rifiutando di restituire alla Chiesa i beni nazionalizzati dal governo Juarez. Tuttavia le sue inclinazioni liberali non impressionarono Benito Juarez che vedeva in lui un invasore. Mentre i conservatori non vedevano di buon occhio la sua simpatia verso i liberali. Gli unici che furono entusiasti di Massimiliano furono gli indios, che sia con i liberali che i conservatori non videro mai dei miglioramenti. Per loro l’imperatore biondo era una delle divinità delle loro leggende ancora vive che tre secoli di dominazione ispanico cattolica non erano riusciti a strappare. Massimiliano non poté esprimere una linea politica sua per mancanza di tempo. C’era una guerriglia efficace che sfibrava le truppe francesi, Benito Juarez si dimostrò un uomo duro, contando anche sull’aiuto degli Stati Uniti che mandavano armi e consiglieri militari. La operazioni militari di controguerriglia vennero affidate al colonnello Dupin, ma si rivelò inefficace perché generò una spirale di violenza con uccisioni e rappresaglie da ambo le parti e il cui unico risultato fu di alienare l’imperatore Massimiliano al popolo messicano. Napoleone III temendo un calo della sua popolarità e minacciato alle spalle dagli Stati Uniti che avevano concluso la guerra di secessione, si convinse che era giunto il momento di uscire dal pantano messicano.
L’imperatrice Carlotta informata dalle voci sul disimpegno francese in Messico si mise in viaggio per la Francia per supplicare Napoleone III a non abbandonare il marito. Purtroppo non arrivò mai a Parigi perché impazzì durante la traversata di ritorno. Riportata dalla sua famiglia in Belgio i medici constatarono che l’imperatrice aveva perso la ragione. In ogni caso Napoleone III come tutti i politicanti aveva deciso di ritirare le truppe in sostegno di Massimiliano, cosa che avvenne nel marzo 1867.
Di fronte alle rimostranze del Re del Belgio e l’Imperatore d’Austria Napoleone III si giustificò le sue azioni e passò lo scettro delle responsabilità di tutto quanto era accaduto a Massimiliano d’Asburgo, il quale non si era impegnato al mantenimento economico delle truppe. Gli Stati Uniti, dal canto loro, non solo non riconobbero il governo imperiale messicano, ma cominciarono ad ammassare lungo la frontiera texana migliaia di soldati al comando del generale Sheridan. In base alla dottrina di Monroe la Francia occupava militarmente un paese alleato degli Stati Uniti e doveva sloggiare. Quando l’ultimo soldato francese lasciò il Messico, il paese insorse contro l’imperatore che con poche migliaia di soldati (alcune migliaia di soldati messicani e un centinaio di volontari austriaci e belgi) si ritirò a Santiago de Queretaro. Il 15 maggio 1867 dopo una sortita Massimiliano venne catturato. Un tribunale militare condannò a morte Massimiliano d’Asburgo. Molti sovrani e importanti personalità tra cui Victor Hugo e Giuseppe Garibaldi inviarono lettere e suppliche affinché fosse risparmiata la vita a Massimiliano e venisse restituito alla sua famiglia. Ma Juarez pressato dalle autorità americane che erano intervenute in suo aiuto con armi, consiglieri militari e schierando le truppe lungo il Rio Grande non commutò la sentenza.
Il 19 giugno 1867 alle 06.40 del mattino venne eseguita la sentenza, davanti al plotone d’esecuzione caddero assieme a Massimiliano d’Asburgo anche il generale Miguel Miramon e il generale Tomas Mejìa. In realtà non fu solo il plotone d’esecuzione o Benito Juarez ad assassinare Massimiliano d’Asburgo, ma anche coloro che non si mossero a partire dalla Chiesa Cattolica rimasta delusa dalla sua politica filoliberale e tollerante, Napoleone III che lo abbandonò quando le cose si misero male e gli Stati Uniti che per i loro interessi economici non solo non mossero un dito per salvare Massimiliano d’Asburgo ma pressarono Benito Juarez con minacce e ricatti affinché la sentenza venisse eseguita. Come accade in questi casi a tutti non interessava più la sorte di questo sovrano “sprovveduto”. Ma anche Napoleone III conobbe i giorni amari della sconfitta e dell’esilio. Il 2 settembre 1870 dopo la disastrosa sconfitta di Sedan Napoleone cadde prigioniero dei prussiani e per sua fortuna sia Von Moltke che Bismarck si mostrarono molto più indulgenti di Benito Juarez perché Napoleone finirà i suoi giorni in esilio a Londra dove morirà tre anni dopo. Fu la giusta punizione per questo politicante spergiuro e ingannatore. Con la caduta di Napoleone III in Francia nacque la Repubblica. Non bisogna dimenticare poi che nei terribili giorni della Comune di Parigi (1871) i comunardi parigini fucilarono diverse persone facoltose legate all’ancien regime e tra quei condannati vi era anche il banchiere svizzero naturalizzato francese J.B. Jecker che assieme a Napoleone III meritava il plotone d’esecuzione.
(Fine)

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