Marley
L’appeal universale della sua musica e la ricostruzione documentaristica della sua vita attraverso le testimonianze delle persone che l’hanno conosciuto. Il ritratto di Bob Marley firmato dal regista Kevin MacDonald è un film della durata di 2 ore e mezza, già in circolazione nel territorio degli Usa, che arriverà in Italia il prossimo 26 giugno. Dalla nascita in un quartiere povero di Rodan Hall fino alla morte dell’artista giamaicano (avvenuta l’11 maggio 1981 per un melanoma al piede), il racconto cinematografico si snoda anche attraverso molte immagini e canzoni inedite che propongono un Bob Marley che si racconta in prima persona, che sta sul palco a contatto con la gente, che si schiera apertamente in difesa della libertà e dell’uguaglianza, divenendo in tal modo promotore e soprattutto modello ispiratore di molte battaglie per la conquista di libertà civili e politiche.
Il film è stato presentato al festival di Berlino lo scorso 5 maggio, data in cui è ricorsa anche la Giornata Mondiale della Marijuana. Ma, oltre quegli stereotipi occidentali che hanno voluto identificare con Bob Marley il simbolo dell’antiproibizionismo per eccellenza, il lavoro di MacDonald ha provato a celebrare l’icona artistica e l’importanza del suo messaggio. Ed è soprattutto attraverso i ricordi, le testimonianze e le interviste di chi ha conosciuto Marley che il film riesce ad evidenziare gli aspetti più inediti e personali di un uomo che è stato un tutt’uno con la sua musica: il reggae, non solo un’espressione artistica ma la materia vivente che plasma la terra giamaicana e l’esistenza degli individui, componente vitale imprescindibile, costantemente intrecciata alla lotta per i diritti umani, nonostante le sue molteplici sembianze e quelle contraddizioni interne che permettono – a questo genere musicale e filosofia esistenziale – di adattarsi ad ogni logica culturale differente, e di sopravvivere, anche incarnando, rappresentando più o meno consapevolmente, gli aspetti più superficiali dell’esistenza odierna, sempre più spesso legata al consumismo, all’apparenza, alla moda e alla voglia d’evasione.
Bob Marley morì all’età di 36 anni. Il suo tumore era curabile, tuttavia il cantante rifiutò di sottoporsi ad un intervento d’amputazione dell’alluce che gli avrebbe salvato la vita. Un luogo comune, molto diffuso soprattutto fra i cultori dell’immagine “pop” dell’artista, giustifica questa scelta attraverso l’idea che un’amputazione avrebbe impedito a Bob Marley di muoversi e ballare al ritmo di reggae, essendone il corpo l’espressione esteriore fondamentale, insieme alla voce. Ma alla base della decisione del cantante c’erano motivi religiosi: secondo la religione Rasta Fari, il corpo deve restare integro e la vita deve seguire il suo corso naturale. Bob Marley ricevette i funerali di stato in Giamaica e fu sepolto accanto alla sua casa natale. Con lui riposano anche la sua chitarra, un pallone da calcio, una Bibbia e una pianta di marijuana: la “ganja”, non un simbolo del vizio ma un elemento naturale, dono di Jah, che mette in contatto l’essenza umana con lo spirito della Terra e di Dio. Nei giorni che precedono il 31° anniversario della sua morte, oltre al film-documentario realizzato da Kevin MacDonal, esce anche Dear Dad: la Guerra Fredda condotta all’interno della nostra famiglia, libro biografico di Ky Many Marley, decimo figlio della star giamaicana. Ky Many ha seguito le orme artistiche del padre. Come lui, hanno fatto molti dei suoi fratelli. Il “figlio d’arte” più celebre è però senza dubbio Ziggy Marley. Fu proprio a Ziggy che Bob rivolse una delle sue ultime frasi più importanti, a testimonianza del proprio credo interiore: «Money can’t buy life» («i soldi non possono comprare la vita»). Oggi Ky Many, figlio nato al di fuori del matrimonio ma riconosciuto come gli altri, in questo suo libro racconta con amarezza la sofferenza di una vita vissuta crescendo nella miseria e lontano da suo padre. Il sottotitolo (“La Guerra Fredda condotta all’interno della nostra famiglia”) si riferisce alla diatriba nata con i suoi fratelli per questioni di eredità.
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