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Marino, Lepanto e le città dell’Adriatico orientale

Marino, Lepanto e le città dell’Adriatico orientale
Ottobre 08
09:26 2012

Pierre Mortier - Golfo di CattaroAnche quest’anno a Marino si terrà ai primi di ottobre la tradizionale “Festa del vino” durante la quale un corteo storico ricorderà i grandiosi festeggiamenti effettuati nel lontano 1571 al rientro di Marcantonio Colonna nel suo feudo. Il condottiero infatti ritornava dall’aver partecipato alla battaglia di Lepanto svoltasi il 7 ottobre di quell’anno non lontano dal canale di Corinto e nella quale la flotta turca venne travolta da quella della Lega Santa comandata da don Giovanni d’Austria.

Avevano unito le loro forze Spagna, Lucca, Genova, Savoia, Toscana, Papato, Parma, Mantova, Ferrara, Urbino, Cavalieri di Malta e Venezia che sosterrà il peso maggiore: delle 200 galee circa della flotta cristiana – così veniva chiamata – ben 105 erano sotto il comando della Repubblica di Venezia e tutte costruite nei cantieri della Serenissima. Veneziane erano anche le galeazze, vere e proprie fortezze galleggianti, molto più grandi e stabili delle galee. A Lepanto ne vennero utilizzate sei, schierate davanti alla flotta, e il loro contributo fu sicuramente assai rilevante per la vittoria. Alcune delle galee della flotta veneziana provenivano dalle cittadine istriane e dalmate della costa orientale adriatica.
Durante la battaglia nel corno sinistro era schierata la galea “Leona” di Capodistria al comando del sopracomito Gian Domenico Tacco, la “Cristo Risuscitato” di Veglia comandata da Lodovico Cicuta; la ‘San Giovanni’ di Arbe al comando di Giovanni de Dominis era nel corno destro con la ‘San Trifon’ di Cattaro, sopracomito Bisanti che morirà nello scontro, e con la ‘Donna’ di Traù, comandata da Alvise Cippico, che, ferito ben sette volte, otterrà un vitalizio dalla Serenissima per il coraggio dimostrato in battaglia. Nel centro vi era la ‘San Girolamo”‘ di Lesina al comando di Giovanni Balzi e nel corno sinistro la “San Nicolò con la Corona” di Cherso guidata da Collane Drasa, galea che il generale Venier, capitano dell’armata veneziana, volle sempre con sé come “bona galea et del novero delle migliori della nostra armata”, il cui capitano otterrà un attestato di ottimo servizio. Infine, nella retroguardia la ‘San Giorgio’ di Sebenico comandata da Cristoforo Lucich. Non era presente la galea di Zara perché appena catturata nelle acque di Corfù durante uno scontro navale. Nelle settimane precedenti, infatti, vi erano stati molti attacchi lungo le coste dalmate ed istriane: i Turchi prima di gettare l’ancora nel golfo di Lepanto avevano saccheggiato tutta la costa dell’Adriatico orientale, Zara, le isole di Lesina e di Curzola, fino a Durazzo, Valona e Corfù. Gli abitanti di tutto il territorio della Repubblica di Venezia erano costantemente in guardia contro le scorrerie via mare e via terra: le incursioni via mare si facevano sempre più pericolose non solo per i saccheggi ma anche perché gli abitanti erano presi e fatti schiavi (in una sola scorreria a Cefalonia nel 1571 furono fatti schiavi settemila abitanti); assai temuti erano anche gli attacchi dall’entroterra: a tutt’oggi possiamo vedere a Cattaro i vecchi cannoni dalmati rivolti non verso il mare ma verso l’entroterra, testimonianza che il nemico colpiva anche dalle montagne. Questi abitanti dell’Istria e della Dalmazia, di cultura greca, latina ed infine italiana, alleati leali di Venezia, parteciparono quindi con grande fervore ad una battaglia che avrebbe potuto almeno rallentare, se non eliminare, il costante pericolo che incombeva sulle loro teste. D’altra parte era consuetudine che Venezia fornisse le navi alle singole città che le dovevano poi armare e fornire l’equipaggio.
Le leggi della Serenissima stabilivano anche il numero massimo di rematori che ogni cittadina doveva fornire, ed il reclutamento avveniva per sorteggio, esonerando di volta in volta quelle famiglie che già avevano avuto morti in battaglia. Nelle navi venete i rematori erano, nella quasi totalità, liberi e regolarmente pagati, e molti provenivano appunto dalle terre dell’Istria e della Dalmazia: dei quarantamila tra soldati e marinai dell’intera flotta, diecimila provenivano dai territori di Venezia…
In genere su tutte le navi sia i forzati che i ‘professionisti’ erano legati al remo: prima della battaglia di Lepanto, invece, tutti i rematori vennero lasciati liberi e muniti di armi, ed ai forzati fu promessa la libertà in caso di vittoria. Da notare, infine, che in tempo di pace il Gonfalone della Serenissima era custodito a Perasto, cittadina alle Bocche di Cattaro, ed in tempo di guerra dodici perastini avevano il compito, e per loro l’onore, di non farlo cadere in mani nemiche, anche a costo della vita: nella battaglia di Lepanto ne morirono otto. Questo episodio sottolinea ancora una volta lo strettissimo legame dei dalmati con Venezia, legame plurisecolare non di sudditanza ma di condivisione di valori, di cultura, di tradizioni e di lingua.

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