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Marino – Cemento: a che punto siamo?

Marzo 12
07:47 2020

La scorsa estate l’Assemblea contro la Cementificazione ha realizzato e distribuito un dossier riepilogativo ma in questi pochi mesi le novità non sono mancate.

Il TAR del Lazio ha discusso i ricorsi presentati dai palazzinari che vogliono costruire 1,3 milioni di metri cubi di cemento mentre, da ormai 8 anni, non si è degnato di farlo con quanto prodotto da associazioni e cittadini che lottano contro tale ipotesi. Nel farlo, il TAR ha stabilito l’annullamento delle due delibere del Comune di Marino che nel 2018 avevano sospeso l’efficacia del protocollo di intesa Palozzi-Polverini e dei Piani Integrati (detti PRINT). Non ha però dato seguito alla richiesta di risarcimento danni per quasi 300 milioni di euro che i costruttori avevano contestualmente richiesto.

Come se l’inchiesta giudiziaria “Rinascimento” che ha svelato gli interessi tra imprenditori, politici e faccendieri non sia stata sufficiente a far comprendere anche al TAR che tutta l’operazione speculativa è marcia dal suo principio.

Il TAR ha stabilito che i costruttori possono chiedere alla Corte Costituzionale di intervenire anche sull’ampliamento del Parco dell’Appia Antica approvato in Regione un anno e mezzo fa.

Dopo il TAR, l’ultimo grado di giudizio sulla vicenda spetta al Consiglio di Stato al quale il comune di Marino ha fatto ricorso: bisognerà comunque aspettare l’udienza fissata il 17 settembre, cioè 7 mesi dopo la presentazione degli atti. Con comodo.

Il Ministero dei Beni e delle attività Culturali (MiBACT) ha proposto un vincolo di notevole interesse pubblico per circa 1200 ettari, molti dei quali ricadenti nel nostro comune. Ogni vincolo a tutele del territorio è un ulteriore granello di sabbia che può aiutare a salvaguardare la zona sempre più cementificata tra l’Ardeatina, l’Appia e la Nettunense però non è ancora definitivo. Anche su questo fronte i palazzinari faranno di tutto per tutelare le loro rendite.

Il Comune di Marino ha continuato a rilasciare permessi a costruire in buona parte delle aree soggette al cemento selvaggio: da Palaverta, a via Aldo Moro, a Quarto S.Antonio, dalla Nettunense ai dintorni del Parco Falcone. Si tratta principalmente di edifici residenziali ma anche distributori di carburanti.

Come se già non ce ne fossero abbastanza. Anche le autorizzazioni paesaggistiche vengono rilasciate frequentemente, ed in esse si legge ad esempio che “il comune non ha costituito la Commissione Locale per il Paesaggio” e che “la Sopraintendenza Archeologica non ha espresso il proprio parere quindi vale il silenzio-assenso”. E spesso queste autorizzazioni incidono su aree di pregio identificate nel PTPR.

Vogliamo ricordare un altro paio di cose: la prima è il Documento Preliminare di Indirizzo le cui linee guida sono state approvate recentemente dal Comune di Marino in vista della redazione del Piano Urbanistico, cioè del futuro PRG che l’amministrazione vorrebbe realizzare a “consumo di suolo zero”. In questo Documento si parla di 1,3 milioni di metri cubi di cemento già realizzati dal 2004 al 2016, di un aumento di 7.000 abitanti, di mancanza di servizi, di standard urbanistici inferiori ai minimi di legge (-25%), di un sistema viario al collasso e della razionalizzazione di scempi come Costa Caselle, via Kennedy, Quarto S.Antonio, Palaverta, Torre Paolina.e via Aldo Moro. Tutto ciò dovrebbe avvenire cercando di recuperare la viticoltura del territorio ma tutto il comparto è in crisi, il lavoro nero è dilagante nel settore e le cantine pagano l’uva una miseria al quintale. E sui terreni una volta agricoli vengono sempre più rilasciati permessi a costruire a favore dei proprietari o di società immobiliari, nonché autorizzazioni paesaggistiche per antenne di ogni tipo di operatore telefonico e pannelli fotovoltaici

Insomma, questo DPI è molto ben scritto, sembra un prezioso documento, si parla di strumenti di partecipazione diretta di cittadini e associazioni. Però esso si scontra con quanto avviene quotidianamente sotto gli occhi della stessa amministrazione comunale, la quale dopo aver per alcuni mesi interrotto il rilascio dei permessi a costruire appena insediatasi nel 2016, ha di fatto stabilito che tutte le zone in cui le ruspe erano già in azione, Mugilla inclusa, potevano tranquillamente continuare a riempirsi di cemento. Siamo così arrivati a circa 45.000 abitanti, con “zone di completamento” con le gru al lavoro e molti appartamenti costruiti ancora sfitti. A proposito, l’amministrazione non conosce, a suo dire, quanti appartamenti ci siano nel “suo” comune né sa quanti di essi siano abitati e quanti sfitti. Non ci sembra poco questa mancanza, specie se si vuole progettare, programmare, partecipare…

Nello stesso DPI si cita il rispetto di una determina regionale che fissa i limiti di anidride carbonica emanata dal sottosuolo per poter rilasciare i permessi a costruire: per anni abbiamo chiesto che questa fosse attuata, ad esempio, a Mugilla e ci è sempre stato risposto che è una “motivazione debole”. Adesso invece viene tirata fuori dal cassetto come se nulla fosse ?

Infine, uno studio sugli standard urbanistici, quello previsto per ottobre 2016, è stato finalmente redatto e doveva costituire la base dell’azione amministrativa per arrivare ad una delibera di sospensiva in autotutela, come annunciato a suo tempo. Ebbene, lo studio è ricco di lacune per stessa ammissione di chi lo ha redatto, praticamente inutilizzabile, e infatti non risulta neanche citato nel DPI.

Nel frattempo, con l’inizio precoce della campagna elettorale, i vecchi pescecani politici al soldo dei palazzinari sono pronti a mettere a frutto gli accordi con gli speculatori di ogni sorta.

Non ci sono alternative alla partecipazione diretta alle questioni che interessano decine di migliaia di persone nel nostro comune. Se ciò avviene tramite la delega, la catastrofe è annunciata ed è già in larga parte visibile. Altro che “svolta verde”.

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