Mariagiulia Colace, la ragazza con la penna
Un recente articolo di Tiziana LoPorto, giornalista di D Repubblica, loda le “ragazze con la matita”: disegnatrici il cui unico alleato è il web. Questo Gennaio 2012, tra i tanti, ha anche preso il via il blog di Mariagiulia Colace, classe 1987, www.mariagiuliacolace.blogspot.com/, giovane disegnatrice “di penna”. Incontriamo Mariagiulia nella sua casa di Roma, per un’intervista.
Il tuo racconto illustrato dal titolo «La giacca di Lina. Una tragedia in poche gocce.» sarà presto messo in scena. La mia interpretazione personale è stata quella di una storia narrante un abbandono-ritorno. Ma come è nata originariamente l’idea e quale è effettivamente il messaggio che vuoi mandare?
«L’idea è nata a teatro: in una scena una giacca prendeva vita, si animava. Ho voluto disegnare il ricordo di quella sensazione. Tante persone ci hanno visto la morte, altre l’unione e la rinascita insieme. Io cerco di mostrare un punto interrogativo, la gente può vederci qualsiasi cosa proprio perché l’unica cosa certa è l’ambiguità. Abbandono e ritorno coesistono, l’abbandonato e il recuperato sono parte di uno stesso. Portare la storia a teatro sarà una sfida. Mi occuperò della regia.»
I requisiti per il successo ci sono tutti. Ma da quanto coltivi questa passione?
«Con la scelta di frequentare il liceo classico a discapito di quello artistico, ho avuto l’occasione di approcciarmi ad alcuni di quelli che sono diventati alcuni dei miei capisaldi: la tragedia greca e il teatro dell’assurdo di Beckett con “Aspettando Godot”. La scintilla che mi ha portato a scegliere la strada dell’Accademia delle Belle Arti di Roma è scaturita dalla visione di uno spettacolo di mimi tedeschi, i Familie Flöz.»
Di qui, l’inizio del percorso formativo in Scenografia. E contemporaneamente il corso di studio alla Scuola Romana di Fotografia. La poliedricità è sempre stata una delle tue doti.
«Più che poliedricità direi ricerca, non sempre basta un linguaggio per esprimersi. Dopo aver studiato scenografia mi sono occupata principalmente di regia. Ho iniziato mettendo in scena uno spettacolo in Accademia sui miti greci, in un lavoro sperimentale che univa recitazione e pittura, l’ “ANTIGOMEDEA”. Credo che i greci, nelle loro opere, siano riusciti ad esaurire tutte le dinamiche umane dell’universo.»
Alla laurea all’Accademia è seguito un anno del corso “Scienze e Tecnica del Teatro” alla IUAV di Venezia e le prime rappresentazioni teatrali a Parma e a Roma.
«Con la IUAV, ho curato la rappresentazione “Amleto, L’indagine” che è andata in scena alla Fondazione Teatro 2 di Parma. Tornata a Roma, nell’Ottobre 2010 ho elaborato in qualità di regista il testo “Signorsì Signori” all’interno del Festival autogestito dagli allievi della Silvio D’Amico “Contaminazioni”.»
In “Signorsì Signori” si percepivano alcuni velati riferimenti alla situazione politica italiana del periodo. La sensazione era quella di respirare un’atmosfera vagamente dittatoriale.
«Inizialmente, l’attrice con cui collaboravo aveva il desiderio di lavorare su Giovanna D’Arco. Il soggetto si è evoluto in maniera completamente diversa. Volevo evitare di fare anacronismo. La protagonista è sempre un capro espiatorio, usata e abbandonata, un piccolo soldatino circondato da sedie vuote sulle quali stanno immaginari giudici ciechi e severi. Come Giovanna è una figura che combatte per un ideale che in qualche modo le viene negato, fino a spingerla a domandarsi per cosa ha combattuto.»
Si può dire che i tuoi lavori si ispirino a situazioni attuali ma con riferimenti ad eroi ed eroine tragiche per eccellenza. L’eco classica tornerà anche nel tuo prossimo lavoro illustrato?
«Ultimamente ho riletto “La casa di Asterione” di Jorge Luis Borges. Il Minotauro era il mostro che più di tutti temevo da bambina, lo vedevo ovunque,sotto il letto, dietro le porte. Eppure adesso mi incuriosisce, soprattutto la sua solitudine, da cui sono attratta quasi in modo ossessivo! La prossima storia illustrata sarà su di lui, e chi dice che non possa in futuro prender forma e nutrirsi sulla scena?»
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