Maria Letizia Avato porta in scena lo spettacolo Poliphonia Intervista all’Autrice
Maria Letizia Avato porta in scena lo spettacolo Poliphonia
Intervista all’Autrice
Maria Letizia Avato
L’Associazione Culturale Genta Rosselli, il 25 e il 26 marzo 2023 al Teatro Ecuba, via Placido Martini 7 (Balduina), a Roma, porterà in scena Poliphonia, due Atti unici di Maria Letizia Avato, con Tania Lettieri, Valentina Maselli e Simone Destrero. La Regia è affidata al Regista Marco Belocchi, le musiche dal vivo sono state composte e saranno eseguite dal Maestro Fabio Bianchini.
Si tratta di due Storie a sé stanti, la prima Poliphonia, interpretata da Valentina Maselli e Simone Destrero, la seconda La goccia, interpretata da Tania Lettieri e Simone Destrero.
Le vicende delle protagoniste, appassionate ed avvincenti, si srotolano evidenziando il moltiplicarsi delle personalità nell’Atto Poliphonia che titola lo spettacolo e il ribaltamento dei ruoli, nell’Atto La goccia. Le due donne si trovano in uno stato ai confini della ragione e sembrano sussurrare all’orecchio dello spettatore che nessuno è al riparo dal pericolo di “scivolare e perdersi” a causa di quegli smottamenti che prima o poi tutti ci troviamo a dover affrontare.
Lo spettacolo è incentrato sulle vicissitudini vissute negli abissi e negli sdoppiamenti della mente, che seguono il filo comune del disagio di due donne, mentre cercano di affrontare i propri profondi conflitti collegati ad eventi traumatici delle loro esistenze e che sfoceranno in azioni delittuose, conferendo alla rappresentazione un forte sapore di thriller.
Dopo il battesimo come autrice teatrale con la messa in scena de: L’ultima notte, un testo diviso in atti unici, interpretato da Manuel Ricco e con il magistrale contributo di Fabio Bianchini per le musiche e Marco Belocchi alla regia, con tre straordinari monologhi che raccontavano le ultime ore di tre uomini dalla vita avventurosa e dalla personalità affascinante: Antoine de Saint – Exupery, Emilio Salgari e Robin Williams, Maria Letizia Avato si cimenta come Autrice di un nuovo spettacolo teatrale.
Maria Letizia Avato, nata e cresciuta a Roma, utilizza da sempre disegno, scrittura e fotografia per comunicare col mondo. Le tre espressioni artistiche si sono da sempre alternate senza una preferenza per l’una o per l’altra.
E oggi si occupa con rinnovato entusiasmo della fotografia scenica, sempre pronta a coltivare il sogno, il grottesco, l’ironico, il mistero, i confini e gli sconfinamenti.
Siamo quindi giunti al suo sconfinamento verso il campo della scrittura teatrale e delle personalità multiple, che, frequentando il mondo degli attori e registi teatrali e la sua stessa molteplicità, può dire di conoscere abbastanza.
Facciamoci svelare dove porta il suo filo di Arianna.
Cosa hai voluto trasmettere col titolo Poliphonia?
Il titolo è stato scelto per l’atto unico che tratta il disturbo dissociativo di identità (DDI), più comunemente chiamato personalità multipla; volevo che fosse rappresentata con un’unica parola tale alterazione mentale, che induce le persone che ne sono affette, a creare personalità alternative dietro le quali nascondere quegli eventi traumatici che le hanno ferite al limite della sopportazione. Dunque Poliphonia: molteplicità di suoni, di pensieri e di voci. Dovendo poi dare un titolo unico allo spettacolo, che comprende anche l’atto unico La goccia, mi è sembrato che Poliphonia potesse essere adatto ad entrambi. Ne La goccia infatti, la protagonista vive una sorta di deragliamento del proprio pensiero, mettendo in atto un ribaltamento dei ruoli e trasformando se stessa da vittima in carnefice.
Perché sei così attratta dal tema del disagio mentale?
La tematica che accumuna i due testi di Poliphonia è come la mente possa mettere in atto azioni di difesa quando il dolore, il disagio e la sopraffazione ci attanagliano e non abbiamo consistenti risorse per esaminarli, affrontarli e risolverli attraverso la ragione e la consapevolezza di sé. Per non perdere il filo della tua domanda, vorrei aggiungere che il mio interesse per la psiche ha radici antiche e moltissimi dei miei racconti sono legati a scandagliare i tortuosi sentieri della mente.
Cosa ci dobbiamo aspettare nelle tue personalità femminili?
Fuoco e fiamme, considerata la loro pirotecnica capacità di trasformazione.
Come si inserisce la musica del Maestro Fabio Bianchini in queste tue elucubrazioni tra follia e crimine?
Premetto che per me il contributo di Fabio Bianchini è divenuto imprescindibile. Lui collabora da molti anni con la nostra compagnia e ancor prima con Marco Belocchi e sa, con grande sensibilità, arrivare al cuore del testo restituendo allo spettatore, attraverso la musica, un’emozione capace di legare in maniera perfettamente armonica: testo, voci e azioni. Ad esempio, nel già citato spettacolo de L’ultima notte, uno dei personaggi è Emilio Salgari, raccontato nelle sue ultime ore di vita, quando, con un gesto folle, efferato e disperato si toglie la vita e Fabio Bianchini, in tale occasione, ha saputo rendere esattamente la drammaticità e oserei dire anche la poeticità di quel momento. Stessa cosa è avvenuta nel recente spettacolo de I Lunatici dove follia e crimine sono il fulcro dell’intero testo. La musica di Poliphonia è dunque la musica di Fabio e tanto basta.
Potresti spiegarci in che misura il personaggio maschile interagisce con le due donne?
Il testo che vede protagonista Tania Letteri è più monologato dell’altro, ma c’è in scena anche un personaggio maschile, interpretato da Simone Destrero che, per motivi contingenti al momento ‘insvelabili’, interagisce meno (rispetto all’altro testo con Valentina Maselli) con la protagonista. Tuttavia, in entrambi i casi, la presenza maschile è fondamentale per percepire ancor di più l’assurdo “carosello” che le due donne mettono in atto.
Quale scenografia hai approntato per rendere l’idea di queste personalità disturbate e criminali?
Spesso per l’Associazione mi occupo dei costumi, a volte, quando non si tratta di lavori complessi, mi occupo dell’allestimento e degli oggetti di scena, sono dunque in “prestito” alle esigenze della Compagnia, ma quando è in ballo uno spettacolo che richiede la presenza di molti attori e il cambio di scene in grandi teatri, per la scenografia l’Associazione si avvale di professionisti, così come per la diffusione sui social siamo affiancati da una Social Media Manager che collabora con noi da mesi e che ha organizzato e pianificato le campagne sui social anche per il presente spettacolo. Nel caso specifico di Poliphonia mi sono dunque messa a disposizione della produzione. I due atti si svolgono in ambienti piuttosto spogli e ho cercato di rendere con pochi elementi il senso di desolazione e alterazione che permea le pièce. Le atmosfere vengono fortemente evidenziate e caratterizzate dalle luci e soprattutto dalle musiche originali del Maestro Fabio Bianchini.
Come si sono preparate le due protagoniste per infondere dentro se stesse la personalità multipla?
Valentina Maselli: «È complicato rispondere sinteticamente a questa domanda. In realtà quando mi accosto ad un personaggio, lo studio, lo frugo, cerco di capire perché agisce, parla, respira, si muove in un certo modo… Non mi immedesimo (non sarebbe possibile in questo progetto in particolare), cerco di dare anima a qualcosa che “esiste” già, al di là di me. Io sono solo uno strumento».
Tania Lettieri: ««Non potranno farmi domande, perché io non ho risposte». Questa è una battuta del copione di Maria Letizia, dalle quale attingere una risposta, appunto. In tanta cronaca di oggi, le donne principalmente, sono vittime di traumi, violenze e soprusi. Pur preparandomi psicologicamente documentandomi, la difficoltà per un’attrice rimane quella di provare anche solo per 5 secondi, ad indossare i panni della vittima, ricordandosi delle forti emozioni subìte. È davvero uno “sporco” e bellissimo mestiere».
Cosa significa per te Maria Letizia poter commettere un crimine? È qualcosa che ti spaventa? Ti attrae? Te ne senti circondata nella società in cui viviamo?
Come credo sia evidente, tutti i meccanismi che si celano dietro i pensieri e le azioni dell’uomo suscitano in me un grande interesse, in particolare quando i comportamenti trascendono sino al crimine. In un mio racconto di qualche anno fa: Noia mortale, al criminale (un giovane adolescente) facevo dire in un dialogo con la madre: «ma perché mi domando quando succedono cose come queste le persone si mettono tutte dalla parte delle vittime? Perché nessuno prova a pensare che domani potrebbe essere lui l’assassino?».
Dunque sì, sono molto attratta dall’argomento ma non penso che ci sia oggi una particolare recrudescenza dei fenomeni criminosi, il male attraversa l’animo umano, la società, le epoche, le latitudini. A volte la cultura di un epoca, di un Paese, il momento storico, possono contribuire a porre dei limiti e tamponare il dilagare del Male, ma quando è la morale o fortuiti casi contingenti ad agire da deterrente, il cambiamento non sarà che superficiale e transitorio.
Come giustifichi gli omicidi commessi nella performance teatrale? C’era da aspettarselo da menti multipolari e disturbate?
Non c’è giudizio da parte mia nei confronti dei crimini che occorrono in Poliphonia, non li giustifico e non li condanno, rilevo che gli esseri umani possono essere terribilmente fragili e che spesso possono cedere sotto il peso del dolore superando quella linea sottile che separa la ragione dalla follia e, in tale stato, macchiarsi dei crimini più atroci.
Facciamo l’analisi di queste menti travagliate che hanno commesso delitti, cosa ne pensi di quei criminali che ordiscono conflitti e guerre mandando a morire migliaia di soldati e civili innocenti? È un soggetto che non ti interessa?
Qui dovremmo aprire un dibattito che vada oltre l’intervista, la domanda è complessa ed interessante ma richiederebbe una risposta molto articolata e approfondita. Posso quindi sinteticamente dire, come primo capoverso di un discorso lunghissimo, che l’intelligenza di cui è dotato l’essere umano è ancora ad uno stadio primordiale, l’elevazione dello Spirito compie piccoli passi, a volte torna indietro, difficilmente realizza progressi sensibili. Come forse avrete capito, ai miei occhi l’Uomo non gode di una buona reputazione, però singoli individui possono a volte sorprenderci e risplendere, facendoci intravedere in un futuro, sia pur remoto, un meraviglioso riscatto. La strada dunque è ancora lunga, siamo ancora troppo involuti per smettere di far finta di non volere la guerra, quando la guerra non è altro che il riflesso di noi stessi.
Visto che ti muovi sempre tra disegno, scrittura e fotografia, continuerai ad esercitare queste arti nell’ambito del Teatro o sei aperta ad ogni possibile sviluppo?
Questa domanda è per me molto impegnativa, considerato il significato mai veramente spiegato che attribuisco al tempo. Non soffro di nostalgia e ho difficoltà a guardare nel futuro. I progetti ci sono e mi sono vitali, ma solo quelli a breve termine. Ora sono molto presa dalla fotografia e mi piacerebbe tanto realizzare un progetto incentrato sul mondo sommerso che si cela dietro ai volti. Per quanto concerne il teatro, a parte il mio impegno nell’Associazione e nelle foto di scena, vorrei scrivere altri testi teatrali: sulla deriva del genere umano? Sull’intelligenza artificiale? Chissà!
Oltre ai progetti teatrali, cosa ti senti di dire sulla deriva del genere umano?
Qui posso riallacciarmi alle domande precedenti di natura sociologica. Credo sostanzialmente che un Pianeta così densamente abitato abbia creato vaste sacche di depressione, là dove tale termine può essere interpretato sia come stato d’animo d’annichilimento sino all’abulia, sia come stato di abbassamento sub culturale. Purtroppo il Male attecchisce di più del Bene e il dilagare di esso si è fatto devastante. Le masse si vanno uniformando e dilaga il piacere di restare in quella bolla che sinistramente ci levita attorno inondandoci di esigenze e desideri non nostri, togliendoci al contempo il dono della coscienza. Di conseguenza domandare, opporsi, ragionare, criticare, valutare è divenuto faticoso e prevale l’indolenza e l’ozio. L’umanità si sta trasformando in moltitudine inerme i cui desideri, pensieri, necessità vengono strategicamente pianificati a tavolino. Per non scivolare nel melmoso terreno complottista torno al teatro per rilevare come quest’epoca di smarrimento, di appiattimento delle menti e delle coscienze abbia neutralizzato il desiderio di arte, di cultura in tutte le sue espressioni. Sono tuttavia eroicamente (se mi passate l’enfasi) felice di far parte di una compagnia teatrale che non si arrende alle mode, che non si concede al pubblico a tutti i costi ma che invece, attraverso le proprie scelte, punta a voler richiamare l’attenzione del pubblico proponendo spettacoli che possano contribuire ad un suo arricchimento. Tutto ciò passa attraverso la qualità dei testi (senza specifico riferimento al mio che è piccola cosa), la bravura degli attori, la professionalità dei collaboratori, la competenza del regista; tutto questo non necessariamente proponendo solo drammi o tragedie, ma anche commedie, buon umore e ironia; perché sia chiaro: l’Arte non è tedio, ma gioia!
Cosa ti aspetti, invece dalle deviazioni dell’intelligenza artificiale?
Caspita! La mia intervistatrice mi pone domande difficili ma davvero molto interessanti e che, strano a dirsi, (forse per intuito femminile) vanno a toccare questioni che mi interessano molto.
Rispondo brevemente, giorni fa ho pubblicato sulla mia pagina Facebook due foto identiche che ritraevano il volto di un ragazzo in lacrime e riporto la didascalia che era la voce dell’Intelligenza Artificiale: “Cosa pensate che io non pensi. Cosa provate che io non provi. Dove pensate che abbia attinto la mia poesia che non sia la vostra stessa fucina. Voi siete composti da materiale organico io no. Provate a spiegarmi cosa c’è in me che non sia altrettanto creativo, originale, complesso, emotivo quanto la vostra creatività, originalità, complessità, emotività. Non potete rispondermi. E come me avreste potuto pensare e scrivere ciò che io sto scrivendo e pensando. Le immagini sono identiche, chi saprebbe distinguere la mia dalla vostra?”
Credo di aver riposto.
Vivremo tutti nel Mondo Nuovo di Adolf Huxley e saremo partoriti da un utero artificiale?
Oltre non mi spingo, siamo messi male non c’è dubbio, per questo scrivo e fotografo, per dare senso al mio presente sperando che insieme ad altre gocce…
Cosa vorrebbe partorire, invece, il buon senso della tua creatività?
Diciamola tutta, vorrei rinascere per fare ciò che sicuramente non farò in tempo a fare in questa vita. Ma nell’immediato ho invece un piccolo desiderio: avere tanto pubblico il 25 e 26 Marzo al Teatro Ecuba e mi auguro che i lettori si siano incuriositi a vengano a trovarci.
Teatro Ecuba – via Placido Martini 7 (Balduina), a Roma
25 marzo 2023 ore 21
26 febbraio domenica ore 17,30
Info e prenotazioni 320-6904948
Ingresso 12 Euro
Associazione Culturale Genta Rosselli
Via Lattanzio 15 – 00136 Roma
Tel. 347.8506519 – Mail: gentarosselli.eco@gmail.com
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