MAGICA SERATA DI FINE LUGLIO TRA ANTICHI SCORCI DI ROCCA DI PAPA
Trovarsi in un luogo e vivere l’esperienza di un viaggio nel tempo, mentre il sole al tramonto offre la certezza che il luogo è esattamente lo stesso: stessa la luce, stesse le tonalità aranciate, stesse le percezioni d’una forte attrazione che àncora il passato al presente…
E’ una sensazione condivisa, nel pomeriggio inoltrato del 28 luglio, in una delle piazze di Rocca di Papa che mescola strutture e architetture mixate da rielaborazioni urbanistiche abbastanza recenti: il Càrpino, meglio indicato nella moderna toponomastica, Piazza Valeriano Gatta.
Il mago che ha realizzato questo straordinario sortilegio è un nostro concittadino appassionato di arte, il quale, pur precisando di non essere un collezionista, sulla pagina Fb del Comitato “Salviamo la Storia, una Legge per Monte Cavo” ha postato ben cinquecento opere pittoriche, disegni, schizzi, foto raffiguranti il Monte Albano e dintorni, trovando nel percorso di ricerca diversi angoli e panoramici scorci di Rocca di Papa in un periodo in cui gli artisti del Grand Tour – tra questi un giovane scanzonato Massimo D’Azeglio non ancora statista – scorrazzavano con tele e pennelli in tutta la Penisola.
Protagonista dell’evento Carlo Guarinoni, invitato dal delegato alla cultura Piero Botti, coadiuvato nella proiezione delle diapositive dalla competenza tecnologica di Angelo Querini e ospite del Caffè del Carpino di Caterina Di Giammarco: con ragionata perizia ha selezionato della vasta raccolta, una ventina di opere di diversi autori che hanno lasciato un flash artistico di alcuni tra gli aspetti più peculiari di quella Rocca di Papa ottocentesca.
Un paese vassallo prima dei Principi Colonna, poi appartenente alla Comarca di Roma nello Stato Pontificio, si presentava nella semplicità di un borgo rurale con scoscese casette arrampicate alla rupe, sotto i ruderi dell’antica Fortezza. Presentate, illustrate e commentate le opere di Johann Adam , Klein Francis Towne, Carlo Labruzzi, Bartolomeo Pinelli, Salvatore Busuttil, Adolpf Wegelin, Edward Lear, Oswald Achenbach, Carl Jessen, Willem Johannes Martens, Filiberto Petiti, Massimo D’Azeglio: ciascun artista ha saputo lasciare dettagli, particolari legati all’ambiente, alla fauna presente nel territorio, ritratti e lavori svolti dagli antichi Terrazzani – così erano chiamati i nostri concittadini nel passato -, opere urbanistiche come l’arcaico lavatoio, il vecchio convento della Mercede demolito nei primi anni del ‘900, usi e costumi delle donne di Rocca di Papa, belle e dall’incarnato delicato, come d’Azeglio sottolinea ne “I miei ricordi“: ed ecco il vicolo stretto nel quale passeggia un suino nero e poco distante una gallina razzola, mentre una donna è intenta al rammendo; la bellezza di alcune ave sedute sull’antico ballatoio che precedeva l’uscio di casa: si scorge in lontananza il convento dei Mercedari e un panorama strabiliante come quello che Achenbach riproduce dallo stesso luogo nel quale siamo in ascolto…
E come non citare lo stesso D’Azeglio, suggerisce Guarinoni, consigliandone la lettura – sottoscrivo! – e ricordando quella famosa lapide in piazza della Repubblica nella quale lo stesso artista, poi statista piemontese affermava di non aver mai incontrato vedute così strabilianti come quella che osservava dal suo balcone a Rocca di Papa.
Come tutte le magie, in fretta s’è esaurito l’incantesimo nel quale tutti eravamo caduti e non per demerito del relatore, anzi! Talmente coinvolti nel suo porsi con ironica pacatezza e sottile umorismo, nel commentare e descrivere quelle immagini d’altri tempi, che ciascuno di noi ha fatto fatica a ritrovarsi nella realtà d’una serata estiva di luglio, mitigata dal ponentino che la sera offre frescura…
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