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Maggio 2014: arriverà l’amnistia per tutti?

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Agosto 23
06:16 2013

Magistrati in prima linea valutano negativamente i nuovi provvedimenti

Una vignetta di Giuseppe ScalariniEcco i commenti a caldo di alcuni magistrati sulle nuove norme di procedura penale contenute nella legge 1417 appena approvata (di conversione del decreto detto svuota-carceri):

«Ci spuntano le armi per combattere la criminalità organizzata» ha detto il pm di Palermo Nino Di Matteo, pubblica accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia. «È una legge diseducativa, perché insegna alla gente che alla fine c’è sempre uno sconto per chi ha commesso reati» ha detto, invece, il procuratore aggiunto Nicola Gratteri a Reggio Calabria. Mentre il procuratore aggiunto a Palermo Vittorio Teresi ha commentato: «Noto il silenzio generale su norme come queste che avranno conseguenze gravi. Si è passati da una fase di favore verso chi combatte la criminalità organizzata ad una fase di contrasto.» Spiegano i magistrati che, con la modifica dell’art. 280 del Codice di procedura penale, è stata cancellata la custodia cautelare in carcere per una serie di reati tipici delle inchieste di mafia (per i quali è prevista una pena detentiva massima di anni 5 mentre prima ci si fermava alla pena massima di 4 anni).
Da oggi, dunque, solo custodia cautelare ai domiciliari per chi commette i reati contro l’amministrazione della giustizia o contro la pubblica amministrazione. Tra questi reati è compreso il favoreggiamento personale, commesso da chi aiuta ad eludere investigazioni e ricerche dell’autorità. Non essendo sempre possibile dimostrare subito il favoreggiamento all’associazione mafiosa, caso nel quale la pena sale, non si riesce a colpire adeguatamente quell’ambiente contiguo alla criminalità. Così pure non si potrà mettere in carcere chi fornisce false informazioni al pubblico ministero. Persone, queste, spesso membri delle istituzioni o di corpi dello Stato, che attraverso reticenze o bugie aiutano le mafie, mettendo in atto veri e propri depistaggi (art. 371 bis). Niente custodia cautelare in carcere anche per chi commette malversazione ai danni dello Stato, cioè chi, estraneo alla Pubblica Amministrazione, ha ottenuto denaro dallo Stato o altro ente pubblico o dalla Comunità europea a titolo di contributi, sovvenzioni o finanziamenti da destinare alla promozione di iniziative per realizzare opere o per lo svolgimento di attività di pubblico interesse, e non li destina a dette finalità (art. 316 bis del c.p.).
Un mondo spesso non lontano da quello della mafia, perché mette le mani sul denaro pubblico anche per riciclare il denaro sporco. Nemmeno sarà più possibile la custodia in carcere per chiunque consenta ai boss mafiosi sottoposti al regime di carcere duro di comunicare con altri eludendo i divieti (art. 391 bis), aiutandoli a comandare dal carcere e mantenendo per loro i collegamenti con gli altri mafiosi. È prevedibile che la gente avrà paura a denunciare questa serie di reati per i quali non si andrà in carcere e che le inchieste di mafia non andranno avanti. Dice il magistrato Nicola Gratteri «Mi dovrebbero spiegare dove troveranno gli uomini per controllare i detenuti ai domiciliari. E poi domiciliari e carcere sono due cose molto differenti. Non è così che si risolve il problema del sovraffollamento delle carceri. Sarebbe necessario, invece, sottoscrivere trattati bilaterali con i Paesi come Romania, Albania, Tunisia, per far sì che i detenuti d’origine di quei Paesi, arrestati in Italia, scontino la pena nella loro patria. Le spese della detenzione verrebbero ugualmente sostenute dal nostro Paese, che in tal modo avrà un notevole risparmio essendo il costo della vita in quei Paesi parecchio inferiore al nostro. Altra cosa necessaria per svuotare le carceri sarebbe quella di imporre, come alternativa al carcere, la presenza nelle comunità terapeutiche a migliaia di giovani tossicodipendenti che per procurarsi la droga hanno rubato o commesso rapine. Agli altri detenuti si dovrebbe dare la possibilità di lavorare per instradarli in un percorso di reinserimento sociale. Inoltre, prima di costruire nuove carceri, costruzione che richiede anni, si dovrebbero riaprire e ristrutturare quelle vecchie, come l’Asinara e Pianosa: si farebbe molto prima!»
Il governo Letta prevede di costruire 4 nuove carceri e 16 nuovi padiglioni da aggiungere agli istituti penitenziari già in funzione. Ma non ce la farà a consegnare 4.050 nuovi posti entro maggio 2014, quando scadrà l’ultimatum della Corte europea dei diritti dell’uomo che obbliga l’Italia a risarcire tutti i detenuti che non hanno lo spazio minimo garantito, per una cifra complessiva di quasi un miliardo. Una prospettiva, questa, che forse farà digerire agli italiani una bella amnistia per tutti che cancellerà le pene ed i reati, in modo che i condannati torneranno candidi come colombe. Allora meglio sarebbe puntare al piano carceri del Dap (Dipartimento di amministrazione penitenziaria) – come affermato più volte dal Movimento 5 Stelle – che consiste nel ristrutturare e riaprire sezioni negli istituti già esistenti. Si creerebbero 21.800 nuovi posti nelle carceri in due anni spendendo di meno: 355 milioni cioè in media circa 16mila euro a posto. Mentre con il piano del governo si prevede una spesa di 381milioni per 5.400 nuovi posti al costo medio di circa 70mila euro l’uno. Servirebbe solo un nuovo carcere a Nola, al costo di 40milioni. Sinora non è stato costruito nulla e secondo Andrea Colletti del M5S c’è pure il rischio che vengano venduti 3 o 4 grandi istituti penitenziari. Intanto i Leghisti hanno annunciato che «di fronte alla prospettiva di un’amnistia per loro sarà Vietnam!».

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