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Metro C, di A. De Santis

Metro C, di A. De Santis
Dicembre 16
16:19 2013

«Ma tu vuoi una postazione internet/ un occhio miotico sul mondo»
In libreria per Manni Editori Metro C la poesia di Alessandro De Santis, autore e attuale consigliere delegato alla cultura e allo spettacolo del Comune di Lanuvio. Un itinerario in versi dentro Roma, metropoli e borgata assieme, lungo questo tragitto in divenire che ancora realmente non esiste, uno dei simboli della nostra difficoltà (personale, istituzionale, del Paese) nel poter procedere tracciando strade nuove. Il percorso, prima o poi, diventerà esperibile da tutti ma per vedere bisogna saper guardare.

Molti ritratti paiono stati d’animo condivisi con questi ‘altri’ destini incontrati per strada e si comincia con una traccia di storia recente difficile da dire, la poesia ‘Graniti. Ore 09,20. Un lupo mannaro o forse Kappler’: «Vide l’esatto diametro del cuore umano/ e pensò che fosse proprio una bella giornata per ricominciare, per un attacco aereo/ negli occhi ancora il rapinoso schianto di quando/ quel ponte se n’era sparito ghiotto».
D: Nell’itinerario di Metro C ci sono le stazioni di questa futura, problematica metropolitana come racconta la bella copertina del tuo libro, contemporanea, che tenta di sdoganare la poesia da quell’aura fané che qualcuno le vorrebbe imporre: ma questo tuo itinerario da quale idea/verso/visione è partito?
R: Volevo parlare di un ‘universale’ come la bellezza (o ancora più esattamente la grazia) partendo però dall’osservazione (il libro l’ho scritto quasi per intero durante l’anno e mezzo durante il quale ho vissuto a Roma) di quello che Dante chiamava ‘lo particulare’.
D: Nella tua poetica leggo un riverbero quasi geometrico dentro/contro un fastidio che non è possibile scrollarsi e il proposito di non lasciare a casa i tuoi maestri (solo nelle prime pagine chiami a testimoni, generazioni diverse tra cui i poeti friulani Mario Benedetti e Flavio Santi, l’italo-svizzero Pusterla o il poeta milanese di inizio Novecento Clemente Rebora): quale t’appartiene di più fra queste due affermazioni e se vuoi decrittaci qualche passaggio essenziale che sta dentro i tuoi versi, che vorresti arrivasse ai lettori.
R: Spiegare i propri versi, una propria poesia è cosa estremamente complessa e perlopiù inutile. Basta leggerla, quando è davvero viva, magari anche ad alta voce. Sicuramente Metro C nelle mie intenzioni non è un libro triste o sconfitto, ma piuttosto una dichiarazione d’amore sonante verso l’essere umani e la sua miseria/nobiltà.
D: «Le ore brevi, spuntate,/ come matite pronte per un disegno/ – la mano ferma in posa – /ma senza il foglio da solcare». Senza il foglio da solcare, senza strada davanti, una delle tante facce della condizione dei giovani, forse dell’esistenza in genere, credi sia condivisa anche dalla letteratura, dalla poesia contemporanee?
R: La poesia di Dave, così come qualche fermata più avanti quella di Jacopo raccontano di una condizione esistenziale che non è solo dei giovani (entrambi oggi verrebbero definiti choosy o ‘bamboccioni’), e che è essenzialmente individuale, solitaria, afasica e proprio per questo terrificante.
D: La Nota dello scrittore Aurelio Picca (Tuttestelle, Rizzoli; Addio, Bompiani) ‘sporca’ questo tuo mondo che può apparire più asettico, tagliente, nonostante il bagno di realtà, le note empatiche. Descrivi qualcosa di Picca in Fori Imperiali: «La testa di Aurelio è un globo/ la puoi leggere come si fa con una mappa/ nell’attimo che pensi a cosa/ ci possa essere dentro/ ti trovi straniero in casa tua». La sua presenza, dialogica, mi aveva già colpito nel romanzo Accanto alla tigre di Lorenzo Pavolini, Fandango, perciò ti chiedo se l’alleanza con un altro scrittore, oggi, ‘sostituisce’ il gruppo cui si poteva far riferimento per un buon tratto del nostro ‘900.
R: Aurelio è Aurelio. Non ‘sporca’ il mondo del libro. Dice solamente la sua, alla sua maniera: inimitabile. Ed è l’unico tipo di nota che avrei desiderato per un libro come Metro C. Visto che i gruppi letterari, in particolare in poesia, oggi per me non hanno un senso compiuto, l’alleanza – come la chiami tu – con Aurelio è soprattutto stima immensa per l’intellettuale, il primo a ‘leggermi’ con cura e a darmi pochissime, decisive impressioni.
D: Ammesso che ogni percorso di scrittura/lettura è personale, cosa non può fare a meno di leggere chi si accosta alla poesia, oggi, da scrittore/lettore?
R: Io non distinguerei fra poesia e narrativa. L’importante è leggere vera poesia o vera narrativa. Se proprio devo dare dei consigli di lettura, consiglio dei singoli libri, di autori contemporanei (non vorrei fare torti ai classici, che vanno letti tutti): Umana gloria di Mario Benedetti, Millimetri di Milo De Angelis, Mappe del genere umano di Flavio Santi, Corpo stellare di Fabio Pusterla, e Peace & Love di Simone Cattaneo, gran poeta che ci ha voluto lasciare troppo presto. Serena Grizi

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