M. Ward incanta gli spalti del Circolo degli Artisti
L’attività invernale del Circolo degli artisti di Via Casilina Vecchia è ormai agli sgoccioli per quanto riguarda la stagione invernale, ma ancora, per un ultimo appuntamento, capace di regalarci magiche emozioni, come nella notte di sabato 28, quando, quasi in sordina, sugli spalti del noto locale, muove i suoi riservati passi, il californiano M. Ward.
Matthew Stephen Ward, in arte e dagli amici chiamato solo M., questo timido cantautore californiano, classe ’73, incanta letteralmente la folta platea del Circolo, ancora frequentatissimo pur rispetto alla stagione, dedicando al pubblico romano le delicatissime note delle sue song in punte di corda di chitarra, teneramente cantate, o meglio sussurrate, da una voce roca e ammaliante, che come un passo felpato di felino si insinua negli animi.
Scoperto dai network americani una quindicina d’anni fa, tramite l’ascolto di alcuni suoi antichi nastri, questa schiva e ombrosa figura di cantautore si è oggi piazzata in prima fila nell’area di un pop all’antica, ma originalissimo e penetrante.
Si presenta tutto solo sul palco ai romani il nostro M., letteralmente incantandoci con un infinita serie di brani del suo repertorio, che comprende una decina di album dal 2000 in poi ed una numerosa serie di partecipazioni vocali ad altri progetti, e ci strega muovendosi lentamente tra una chitarra acustica, che scorre in infiniti arpeggi sussurrati ed in continua mutazione, ed un pianoforte, suonato con idea di note che vanno dal country al pop, dallo swing ad un sussurrato jazz.
Una vocina delicatissima muove le canzoni, rivelandoci l’idea di un mondo vissuto in maniera soft e molto easy, quasi rivelandoci il segreto, in un encomiabile inglese stile old british, di come non farsi travolgere troppo dagli accadimenti della vita.
Buon pianista, ma fondamentalmente chitarrista sublime, riesce a muovere le corde della sua acustica dando alle corde il ritmo dei bassi ed i là delle melodie, ricercando ennesimi riff classicissimi con le labbra su un armonica che insegue arie classiche del folk americano.
Il tutto però risulta trasfuso dentro una dimensione sonora intimistica e rarefatta, come in molte occasioni sembra mancargli la voce come in un errore che invece si tramuta in un’intensa pausa che calibra in maniera ipnotizzante l’incalzare di ennesime note per dare una particolare e quasi notturnale melodia a queste song ipnotiche.
Quasi due ore di concerto che ci fa scoprire uno stile originalissimo e solitario, (sarebbe bastato anche solo un altro musicista per far perdere la strana atmosfera che Ward si è creato intorno), tipico di molti cantautori americani, concerto che si conclude con un’incredibile rielaborazione in chiave ossianica di “Let’s Dance” di David Bowie.
Davvero un personaggio da scoprire questo Ward, per lo meno per chi ama la buona musica, in questi giorni in tourneè in Italia per diverse tappe.
Sul web molte altre info in più, e anteprime delle song.
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