Luigi Pirandello – 10 – Enrico IV
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Nella tragedia Enrico IV di Pirandello si trova la rivolta di un uomo che è stato ingannato e deluso dall’amore, dagli amici e soprattutto dalla vita: piena di egoismi, vuoti morali. L’uomo, in questo caso Enrico, cerca di liberarsi da questa solitudine che lo circonda e lo opprime, ma è del tutto inutile, dato che il personaggio finisce col rimanere accerchiato da una solitudine ancora più amara, disumana e sofferta, nel tentativo di voler cambiare vita, non vedendo come è realmente. Tutto questo sta ad indicare una fuga dalla realtà, un’inettitudine alla vita, che sono i temi fondamentali della corrente decadentista, nella quale si rispecchia l’autore.
Molti ritenevano all’epoca che Pirandello non fosse altro che un pazzo, come contagiato dalla malattia della moglie: ma l’autore nei panni dell’Enrico IV, a volte pazzo ed altre savio, ha potuto burlarsi di tutti coloro che la pensavano così, mettendoli al posto degli altri personaggi.
La tragedia segue un tono sempre più crescente: infatti ha poca importanza la follia di Enrico, ma ne assume sempre più quando il personaggio si accorge della sua follia, divenendo la pazzia stessa consapevole e accettata, ma anche malinconica, che continuerà forzatamente dopo la vendetta nei confronti del Belcredi.
Per Enrico, come in un certo senso per Manzoni, anche se in altri termini, la pazzia degli anni seguenti all’omicidio sarebbe stata il conforto, la speranza di poter espiare così le sue colpe, consolandosi della vendetta ormai consumata.
Il protagonista della tragedia è forse fra quelli più complessi del teatro pirandelliano e nell’opera confluiscono alcuni dei motivi principali della poetica del drammaturgo: lo sdoppiamento della personalità dell’Enrico IV, da patrizio romano a re (tema presente anche nel Il fu Mattia Pascal); i contrastanti sentimenti tra le forme, l’aspetto assunto esteriormente, e la sua vera realtà. L’impossibilità di poter lasciare la messa in scena da lui attuata e poi il conflitto tra la vita che perennemente scorre ed il tentativo drammatico da parte dell’uomo di imprigionare l’attimo fuggente, di fissarlo per sempre. In quest’opera Pirandello ci vuol dire che il dramma storico diventa dramma della storia, cioè che non si può recuperare il tempo perduto, neppure nello spazio della propria immaginazione. L’individuo resta completamente isolato: non potendo vivere il presente, cerca di ricostruire il passato ma invano; purtroppo così facendo non si riuscirà più a proiettarsi nel futuro.
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