Lode alla nebbia. Il mistero fiabesco di Calcata
In certe mattinate d’inverno Calcata sembra un’isola sospesa tra le nebbie del fiume Treja. È inutile cercare di guardare i dettagli. È meglio fermarsi, chiudere gli occhi e respirare il sapore pungente dell’aria umida che sale dalla valle. Anche se non si vede quasi niente, non ci si sente soli!
La nebbia vaga sfuggente nei pendii delle forre e confusa tra cielo e terra, nel baluginio di qualche timido raggio di sole, si intravede la forma della rocca, si intuiscono i profili dei tetti, l’apostrofo di fumo di qualche comignolo. In basso, sotto un velo nebbioso più compatto, scorre il Treja. Sopra il fiume il vapore immoto segna il corso dell’acqua sottostante: la nebbia rispecchia sospesa i meandri della valle e scolora in un indistinto color indaco qualsiasi tonalità del bosco.
Per piacerti un posto così, devi amare il senso di mistero e un po’ perturbante dell’ignoto, o più semplicemente non devi temere l’imprevedibilità del futuro, di cui la nebbia è metafora. Sei ripagato dall’incanto fiabesco di un luogo senza tempo, in cui forse tutto può apparire, basta raggiungere la prossima curva del sentiero. Qui non c’è fretta.
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