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Qualche giorno fa è stato pubblicato il Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS) intitolato “L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Rapporto 2023“.

Il Rapporto fa il punto della situazione sul conseguimento degli obiettivi indicati dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile approvata nel 2015 dall’Assemblea Generale dell’ONU che prevede il raggiungimento di 17 Obiettivi inquadrati all’interno di un programma d’azione da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il 2030. Gli obiettivi fissati per lo sviluppo sostenibile, elencati nella tabella, hanno una validità globale, riguardano e coinvolgono tutti i Paesi e le componenti della società, dalle imprese private al settore pubblico, dalla società civile agli operatori dell’informazione e della cultura.

Il Rapporto di quest’anno, dedicato all’analisi di quanto accaduto a livello globale, europeo e italiano, mostra chiaramente che il nostro Paese, al contrario dell’Unione Europea, non ha imboccato in modo convinto e concreto la strada dello sviluppo sostenibile e non ha maturato una visione d’insieme delle diverse politiche pubbliche (ambientali, sociali, economiche e istituzionali) per la sostenibilità. Ciò non vuol dire che non si siano fatti alcuni passi avanti o che non si siano assunte decisioni che vanno nella giusta direzione, ma la mancanza di un impegno esplicito, corale e coerente da parte della società, delle imprese e delle forze politiche ci ha condotto su un sentiero di sviluppo insostenibile che è sotto gli occhi di tutti.

Nei prossimi 12 mesi Onu e Unione europea assumeranno importanti decisioni, ma Governo e Parlamento devono scegliere urgentemente quale posizione assumere. L’ASVIS avanza proposte “trasformative”, a partire dalla legge per il clima, per determinare l’accelerazione verso lo sviluppo sostenibile che il Governo Meloni si è impegnato a realizzare in sede Onu e UE. Alcune delle proposte implicano risorse finanziarie significative, altre sono a ‘costo zero’ o quasi.

A livello di Castelli Romani quali azioni autonome e creative sono state messe in campo dai Comuni, singolarmente e collettivamente, al di là di quelle calate dall’alto, per fronteggiare i problemi dello sviluppo sostenibile? Risulta che soltanto Velletri, nella programmazione del 2021, ha fatto esplicitamente riferimento all’Agenda 2030. Non risulta che, in particolare i progetti del PNRR avanzati e – sperabilmente – approvati dai Comuni, siano stati ispirati alle necessità espresse dall’Agenda 2030.

Esattamente un anno fa, in occasione della presentazione del Rapporto ASCRIS 2022, veniva proposto su questa rivista di mobilitare le risorse umane e professionali presenti nel territorio dei Castelli Romani, ma dormienti, per costituire una commissione incaricata di sostenere i Comuni nell’assumere decisioni coerenti sia con gli Obiettivi dell’Agenda 2030, sia con gli indirizzi del PNRR. Come previsto, la proposta non ha avuto alcun seguito. Ciononostante, se si guarda alla tabella, la situazione della Città Metropolitana di Roma risulta decisamente migliore di quella della media nazionale e delle altre province del Lazio, in particolare negli ambiti della salute, dell’istruzione, della parità di genere, del lavoro, delle attività produttive e dell’innovazione.

Siamo a sette anni dalla fatidica data del 2030 e siamo in grande ritardo. E il fatto che l’Uomo stia esercitando una pressione insostenibile sulla Terra non costituisce una preoccupazione tale da far cambiare radicalmente il nostro stile di vita; i modesti risultati ottenuti finora sono frutto di politiche a livello nazionale mentre il grado di attenzione dei Comuni dei Castelli Romani per la sostenibilità, che pure è oggetto di attenzione e di mobilitazione di gruppi di cittadini in particolare a difesa dell’ambiente (vedi il caso dell’inceneritore di Santa Palomba e della discarica di Roncigliano), è finora insoddisfacente.