Lo Schiaccianoci tra classico e moderno passando per il monitor
Nella cornice del Teatro Italia (un tempo cinema Universal), si è esibito il balletto di Roma, capitanato da André De La Roche; un’apparizione teatrale e mimica piuttosto che performativa. L’attore-ballerino era circondato da un corpo di ballo affiatato ed energico ma ripetitivo in alcuni leit-motiv coreografici, tra il classico e il moderno, forse troppo orientati verso spiritose macchiette di gruppo e poco attenti al virtuosismo degli assoli scarsamente concessi ad una flessuosa prima ballerina, ma ancora acerba sul piano espressivo. Mario Piazza ha curato la regia e la coreografia di quest’opera, tanto rappresentata ma, spesso, anche incompresa. Lo schiaccianoci, favola ricca di archetipi, evocativa della parte più onirica dell’infanzia, quella che oscilla tra il desiderio di iniziazione e la paura dei mostri della realtà, è parte della trilogia di balletti sinfonici composti da Cajkovskij, che comprende anche Il Lago dei cigni e La bella addormentata. Non è un caso se persistono nel tempo queste musiche così cariche di pathos, così adattabili alla sinuosità emotiva dei corpi, sempre in lotta con un tetro destino. Gli aspetti più grotteschi e inquietanti del reale sono resi da una fosca scenografia, ben calibrati nell’allegoria evocativa di vita e di morte. L’ossessiva poetica dell’autore russo, enfatizzata da questa rappresentazione, viene attualizzata da monitor su cui si specchiano i canoni tradizionali del balletto classico, fatto ancora di tutù ma da poche scarpine a punta.
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