Lo scandalo Frontex
Roma, 20 ottobre 2009. L’Unione europea rischia di allontanarsi progressivamente dal sogno dei suoi fondatori: quello di una cooperazione fra gli Stati membri caratterizzata dalla condivisone dei valori e dei principi alla base della Carta dei diritti fondamentali nell’Ue. Dopo le denunce e i rapporti delle organizzazioni internazionali per i Diritti Umani, finalmente esce dalla cortina di silenzio e complicità fra nazioni lo scandalo Frontex. “I testimoni riferiscono di respingimenti in alto mare,” hanno riferito recentemente gli attivisti del Gruppo EveryOne all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, “di minacce rivolte ai barconi pieni di profughi in fuga da tragedie umanitarie, di mancate assistenze e anche di speronamenti. Frontex dovrebbe rispettare la Convenzione di Ginevra, ma si è trasformato in un organismo xenofobo e razzista. Abbiamo chiesto alla Nasa di monitorare via satellite il tratto di mare che separa il nord Africa dall’Europa mediterranea, per evitare abusi nei confronti dei migranti, ma per ora si tratta di un progetto irrealizzabile. Bisogna fermare la deriva intollerante di Frontex o gli accordi internazionali perderanno qualsiasi significato, in questo spaventoso Olocausto marino”. L’Alto Commissario è al corrente di queste atroci violazioni – che solo per quanto riguarda l’attività di Frontex hanno condotto al respingimento di oltre seimila profughi dall’Africa nell’ultimo anno – e svolge un missione tanto difficile quanto preziosa per salvare vite umane ed evitare terribili drammi umanitari. “E’ importante evitare che silenzio, complicità e indifferenza completino la trasformazione dell’Unione europea in un nuovo tipo di Reich,” ha proseguito EveryOne, “un continente in preda alla barbarie, in cui all’applicazione di provvedimenti razziali corrispondono campagne di propaganda dirette a tranquillizzare l’opinione pubblica e a convincerla che non esiste una crisi dei Diritti Umani: nessuno è razzista, nessuno perseguita i profughi, l’Europa è accogliente e solidale, democrazia e civiltà sono salve. La crisi, invece, esiste. Solo nel 2009 almeno 500 profughi hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le coste italiane. E sono i numeri ufficiali, che probabilmente andrebbero raddoppiati. Sempre per quanto riguarda l’Italia, la legge 94/2009 ha introdotto un concetto che ci riporta agli anni bui dell’Olocausto ed equipara chi fugge da guerre, malattie, persecuzioni e carestie a un ‘asociale’, un criminale da punire e deportare in luoghi di persecuzione e martirio, come i Cie e le carceri libiche. Lo scandalo-Frontex sta imperversando in Germania. Un profugo respinto dall’agenzia europea che pattuglia le acque percorse dai battelli della speranza ha reso una testimonianza sconvolgente nella trasmissione “Report Mainz” della prima rete pubblica Ard: “Avevamo ancora tre giorni di viaggio davanti a noi, ma non hanno voluto darci acqua. Hanno minacciato di distruggere il nostro barcone, se non avessimo immediatamente invertito la rotta. Eravamo quasi morti di sete e avevamo alcuni cadaveri a bordo. Nonostante ciò, siamo stati costretti a tornare nel Paese da cui eravamo fuggiti”. Il ministro dell’Interno tedesco, Wolfang Schaeuble, ha cercato di negare i respingimenti, che violano la Convenzione di Ginevra: “Chi si trova in condizioni di emergenza ed è un profugo ha diritto all’accoglienza e chi si trova in alto mare non viene respinto, poiché valgono le norme della Convenzione del 1951. I respingimenti sono contro le regole”. La realtà è però diversa, come ha rimarcato il vice capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, Manfred Weber: “Abbiamo purtroppo notizia di respingimenti collettivi, senza un esame delle singole situazioni, cosa assolutamente incompatibile con il diritto europeo”. Ora l’Unione europea ha la possibilità di fare ammenda e tornare sulla via della civiltà dei Diritti Umani oppure può scegliere di insabbiare le atrocità commesse da Frontex, che con le sue navi aggira sistematicamente gli accordi internazionali sui Diritti Umani, compiendo missioni di respingimento e intimidazione dei profughi.
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