ll cardinale Micara. Una vita avventurosa
Ferdinando Maria Agostino Micara – questi i nomi impostigli all’atto del battesimo ricevuto in cattedrale – nacque a Frascati il 28 agosto del 1775.
I nomi gli derivavano, il primo in onore del nonno paterno, morto prima che lui nascesse, il secondo (Maria) a conferma della devozione mariana della famiglia, e il terzo in quanto il 28 agosto si celebra la festa di S. Agostino. Il padre, Gianfilippo, era un facoltoso ‘fattore’ che aveva sposato Gaetana Lucidi. Ferdinando era il terzo dei figli. In seguito nasceranno altri due fratelli e due sorelle. Il futuro cardinal Micara frequentò la scuola dagli Scolopi, quindi entrò nel seminario tuscolano dove studiò filosofia. Nel 1794 scelse la via conventuale entrando tra i cappuccini di Rieti per il noviziato ed assumendo il nome di fra’ Ludovico da Frascati. Da Rieti fu inviato a Roma per il corso di teologia presso il convento della SS. Concezione. Fu in seguito mandato a Napoli per proseguire gli studi e là fu ordinato sacerdote in quel 1798 in cui veniva proclamata da Napoleone la Repubblica Romana, col seguito di repressioni e subbugli. Anni dopo, nel 1810, per ordine di Napoleone, furono soppressi gli ordini religiosi e diversi religiosi e sacerdoti secolari furono imprigionati o mandati in esilio, come l’arciprete-parroco della cattedrale di Frascati don Vidari. Ludovico dovette svestire l’abito conventuale, ma ritornò di nascosto a Frascati e fingendosi prete diocesano fece le veci dell’arciprete della Cattedrale, ma anche lui fu tra i ricercati e quindi costretto a fuggire, finché non fu arrestato (sembra per non aver voluto cantare il ‘Te Deum’ per il compleanno di Napoleone) e incarcerato a Civitavecchia. Da lì riuscì a fuggire rifugiandosi nelle campagne di Santa Severa. Finita la parabola di Napoleone, Fra’ Ludovico rimise il saio e, dal 1814, si dette alla predicazione secondo l’ordine dei suoi superiori. In tale veste ebbe grande successo per tutta l’Italia, poi, nel 1819, l’Ordine lo designò quale postulatore delle cause dei santi cappuccini e fu eletto ministro provinciale. L’anno successivo (1820) il papa Pio VII lo nominò predicatore del Sacro Palazzo Apostolico, un incarico che terrà per ben dieci anni fino al 1828. Tra i suoi collaboratori, Ludovico prese con sé il fratello minore Alessandro, anch’egli entrato nell’Ordine dei cappuccini col nome di padre Vincenzo da Frascati. Morto Pio VII, fu eletto alla cattedra di Pietro Leone XII (Alessandro della Genga, che – particolare da ricordare – nel 1794 era stato ordinato sacerdote nella Cattedrale di Frascati dall’allora vescovo tuscolano, card. Enrico Duca di York). Ludovico fu in stretta amicizia con Leone XII che lo confermò all’ufficio di predicatore apostolico e, nel 1824, con un suo Breve lo nominò ministro generale dell’Ordine dei Cappuccini. Uomo profondamente umile ma nello stesso tempo deciso e alquanto autoritario, prese da ministro generale diversi provvedimenti e guidò con mano ferma il suo ordine francescano. Nominato cardinale dal papa fin dal 1824, ma riservato ‘in pectore’, fu ufficialmente pubblicato nel concistoro del marzo 1826, e nominato anche membro di alcune Sacre Congregazioni, quali quella dell’Indice, della Disciplina regolare, dei Vescovi e degli Affari Ecclesiastici. Non volle mai indossare la veste rossa cardinalizia chiedendo al papa di poter continuare a portare comunque il saio marrone. Nel 1827 fu nominato abate commendatario dell’Abazia di Casamari. Morto, nel 1829, papa Leone XII, fu eletto Pio VIII che durò solo venti mesi, a cui successe Gregorio XVI, il papa che il 2 ottobre del 1837, lo proclamò vescovo di Frascati. Fu il cardinal Pacca che, il 15 ottobre del 1837, lo consacrò nella Cattedrale tuscolana, quale vescovo di una diocesi che ‘governò’ pastoralmente con decisione e fermezza, non lesinando nemmeno forti critiche all’amministrazione comunale in merito a progetti che, grazie a una combutta di ‘imprenditori’ di allora, stavano per essere messi in atto e suggerendo opere pubbliche alternative che avrebbero dovuto intraprendersi, alcune delle quali saranno poste in essere, proprio per suo volere, dopo la sua morte. Nel 1844, alla scomparsa del cardinal decano, fu lui a succedergli nella guida pastorale della diocesi di Ostia e Velletri. Prese parte anche al conclave (era il terzo a cui partecipava) per l’elezione di Mastai Ferretti, papa Pio IX. A tal proposito si diceva che anche lui fosse tra i papabili, in realtà era già molto malato e la cosa quindi non fattibile, e poiché in merito giravano alcune favorevoli voci tra il popolo, lui si scherniva, rispondendo: “se diventassi papa io, il pane non vi mancherebbe, ma nemmeno la forca per i delinquenti”. Anche il Belli lo cita in un suo sonetto. Morì nel Convento dei Cappuccini di Roma il 24 maggio del 1847 dove dimorava quando era nell’Urbe, (mentre a Frascati, da vescovo abitava nel seminario e non in episcopio) ed è sepolto nella chiesa della Immacolata Concezione di Via Veneto. Tra le sue opere ricordiamo: la costruzione (1839) dell’Ospedale di Frascati (dopo l’abbattimento di un precedente edificio), la costruzione della cappella dell’Addolorata in cattedrale, il ‘distacco’ e la salvaguardia degli affreschi dei SS. Sebastiano e Rocco. Ripristinò il Monte di Pietà e fondò con il canonico L. Sebastiani e F. Senni, l’Accademia Tuscolana. Nel suo testamento, stilato il 2 maggio del 1847, lasciava ai due fiduciari mons. F. Pentini e A. Neri, il compito di acquistare un palazzo in Frascati per istituirvi un orfanotrofio (che funzionerà dal 1853, poi nel 1873 affidato alle suore Figlie della carità (‘Cappelloni’). Su suo desiderio fu in seguito acquistato anche un altro palazzo cui andarono le suore del S. Cuore dal 1856. Tra i suoi scritti – alcuni pubblicati postumi – si ricordano due lettere pastorali (al clero e popolo di Frascati, 1837 e a quello di Velletri, 1844), 12 sermoni (1851), Ragionamenti filosofico-pastorali (1848) e Nuovi ragionamenti filosofico-pastorali (1850, 1860) e le due opere storiche, Il Tuscolo pagano e i celebri suoi cittadini (1870) e Il Tuscolo cristiano antico e nuovo (1870).
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