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L’Italia è razzista?

Gennaio 27
23:00 2009

L’obiettivo di questo articolo è di analizzare e di riflettere sul razzismo in Italia, a seguito di alcuni episodi di intolleranza che hanno visto coinvolti gli immigrati, soprattutto in alcune città del Nord Italia. Cos’è il razzismo? Possiamo definirla un’ideologia che stabilisce una stratificazione gerarchica con cui si può giustificare la discriminazione e lo sfruttamento di un determinato gruppo etnico, oppure, un’ideologia antidemocratica che mette in discussione il diritto all’uguaglianza, poiché il razzista non mette sullo stesso piano una persona di razza o religione diversa, ma gli nega addirittura i diritti più elementari. Già nel secolo XIX, all’indomani dell’Unità d’Italia, si attribuivano connotati delinquenziali ai meridionali e nel Settentrione si dichiarava che la criminalità era praticata da appartenenti al gruppo etnico celtico. Durante il fascismo, sia per mantenere la coesione del regime che per l’avvicinamento alla Germania di Adolf Hitler, vennero adottate leggi razziali nei confronti degli ebrei. Anche negli USA, “patria della democrazia”, furono presi provvedimenti analoghi (pensiamo per esempio alla segregazione razziale negli Stati Uniti del Sud verso gli afro-americani e alle misure restrittive subite dai nostri connazionali alla fine del secolo XIX). Tornando a noi in Italia, il razzismo è, purtroppo, ancora inconfondibilmente presente. Non è “solo” un’ideologia, bensì si tratta di un razzismo istintivo e casuale che porta a cercare un nemico (ora è l’immigrato) che può essere musulmano, romeno, filippino e così via. Questo razzismo viene alimentato dalla classe politica che cavalca la paura degli italiani per vincere le elezioni e spesso quest’intolleranza si nasconde proprio nelle parole utilizzate dai politici come “sicurezza”, “sgombero” ed “integrazione”, creando, così, un comportamento politico che alimenta l’ideologia del nemico. L’attuale coalizione di centro destra (soprattutto la Lega Nord), in seguito ad alcuni episodi isolati di criminalità da parte di certi immigrati, ha cavalcato la tigre della paura fomentando l’odio verso questi ultimi e riuscendo anche, così, a vincere le elezioni dell’aprile scorso. Tra le prime proposte esibite dal nuovo governo c’è stata quella delle classi “speciali” dove confinare i bimbi immigrati e presentata, appunto, dal capogruppo alla camera della già citata Lega Nord. L’idea in sé e per se sé non è negativa se intesa come aiuto nella didattica agli studenti stranieri in difficoltà, ed anche in altri paesi (per esempio in Francia, nella Spagna di Zapatero e negli stati anglosassoni) tale misura è stata messa in pratica con ottimi risultati. Il problema è che, in Italia, è stata prospettata in malo modo, creando parecchie incomprensioni tra maggioranza e opposizione e con l’intervento pressante dello stesso Vaticano che ne ha bocciato la proposta tout court. Nonostante ciò e le ripetute proteste, la legge in seguito è passata con l’assenso definitivo di Forza Italia. Ma le classi “speciali” non sono state le uniche “novità” presentate dalla Lega. Ricordiamo, inoltre, quella del blocco dei flussi migratori ed il divieto d’assistenza sanitaria agli immigrati. Bloccare i flussi dell’emigrazione, a mio avviso, è un errore perché contribuisce a creare una crisi nelle imprese del Nord Italia che non dispongono di adeguata manodopera e competitività rispetto alle imprese straniere. Senza dimenticare, poi, gli effetti a catena a causa delle inesistenti norme di sicurezza nei cantieri e gli infortuni sul campo ai lavoratori stranieri in assenza di diritto alle cure. Queste sono dunque, a ben vedere, scelte opinabili che mostrano un paese formato da una classe politica irresponsabile che non ha il coraggio di portare avanti un programma politico chiaro. Ma se nel centrodestra si piange a sinistra certo non si ride. Un precedente lassismo travestito da certo “buonismo” per l’extracomunitario, la querelle su «crocifisso sì o no», l’impunito accattonaggio dei minori o disabili, sono stati temi, insieme ad altri, che non hanno di certo favorito una sana integrazione delle culture. Anzi in alcuni casi quest’ultima si è rivelata in tutta la sua impossibilità. Tra gendarmi e buonisti, purtroppo, non si è ancora trovata una giusta dose d’equilibrio. E gli immigrati continuano ad essere al centro della bufera di una società certamente ancora impreparata alla cosiddetta integrazione. Immigrati che, nella più parte, non sono né buoni né cattivi, ma certo determinati a giocarsi il tutto per tutto per migliorare la propria condizione di vita. La società multietnica fa sicuramente paura agli italiani, ma non è con le barriere o con gli slogan che si risolvono i problemi. I francesi e gli inglesi hanno già affrontato queste difficoltà prima di noi e stanno tentando di creare (tra alti e bassi) una sorta di coesistenza tra autoctoni ed immigrati. Anche se numerosi sono ancora gli ostacoli da superare. Il vero problema a monte, a mio avviso, è però la classe dirigente stessa che considera i cittadini alla stregua di meri sudditi generando una competizione tra autoctoni ed immigrati senza vincitori o vinti finali. Secondo lo scrittore togolese Kobla Bedel, autore del libro “Negro ma libero” le soluzioni sono davanti ai nostri occhi ed un’immigrazione controllata e quindi ben gestita crea ricchezza e benessere. Sarebbe sufficiente un equo patto di integrazione tra immigrati e paese ospitante che preveda il rispetto delle regole e, con l’ausilio dell’Unione Europea, varare una politica di rientro sicuro per gli immigrati che desiderano tornare al loro paese di origine. In seconda battuta ma non meno importante, una seria azione di sviluppo e di investimenti per i paesi di provenienza degli immigrati che creino, così, lavoro e benessere in casa loro.

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