L’Italia e l’avvio del processo di distensione internazionale (1955-1958)
Il nuovo libro del prof. Lucio Barbetta, docente di “Storia delle relazioni internazionali” presso l’Università di Roma Tre.
Il volume edito da “Guerini scientifica” (pagg. 242, euro 28,00, Milano 2015) di Lucio Barbetta, docente di Storia delle Relazioni Internazionali presso il Master di secondo livello all’Università degli studi Roma Tre, si basa su un lungo lavoro di ricerca svolto in vari archivi di storia diplomatica, e vuole affrontare un tema non trattato dalla storiografia pregressa: la posizione italiana rispetto ai primi timidi tentativi di distensione internazionale, avvenuti in corrispondenza della Seconda Legislatura italiana (1955-1958). In quegli anni, anche a causa di delicati equilibri interni e di complessi rapporti con gli alleati, la politica estera italiana non conobbe svolte evidenti, rimanendo ancorata ai punti fermi dell’atlantismo e dell’europeismo impostati da De Gasperi.
Tuttavia, soprattutto per volontà del ministro degli Esteri Gaetano Martino, l’Italia iniziava a rielaborare cautamente la sua posizione, in virtù del fatto che gli alleati, se da un lato pretendevano dall’Italia il più grande impegno nella “crociata” anticomunista, dall’altro non esitavano ad approfittare del nuovo clima negoziale per cogliere alcuni specifici vantaggi nei rapporti con l’URSS e migliorare le proprie posizioni anche da un punto di vista economico e commerciale. Per evitare di isolarsi su posizioni di guerra fredda, ma al tempo stesso per disinnescare le rinascenti velleità neutraliste e neo-atlantiste impersonate dal nuovo presidente della Repubblica Gronchi, i Governi succedutisi in quegli anni adottarono una politica pragmatica ed attenta: senza “cedere” al clima della distensione politica (che avrebbe molto avvantaggiato il PCI e l’ala neutralista in generale), l’Italia si dispose ad affrontare problemi concreti e tangibili, anche
per “mettere alla prova” le reali intenzioni sovietiche. In questo modo, senza rinunciare ai punti fermi della politica estera nazionale, fu possibile ottenere l’ammissione all’ONU, l’allacciamento di proficue relazioni economiche con l’URSS e la Repubblica Popolare Cinese, l’acquisizione di uno “status” più rilevante all’interno dell’Alleanza Atlantica, e un maggiore grado di coinvolgimento nello sviluppo dei rapporti Est-Ovest. Il rischio di isolamento fu così scongiurato, mentre al tempo stesso furono preservati gli equilibri in politica interna ed estera.
Il lavoro, assai importante, prende le mosse da una ponderosa documentazione diplomatica di provenienza italiana, america, francese, britannica e sovietica (quest’ultima acquisita anche grazie alla recente pubblicazione di Bettanin, Salacone e Roccucci per l’editore Viella). Ha inoltre beneficiato di una ricca produzione memorialistica e bibliografica che ha permesso di integrare e contestualizzare i contributi documentari ed inserire così l’argomento trattato nel più vasto quadro della politica estera italiana tout court e dell’evoluzione del confronto bipolare negli anni di passaggio tra la fase più “muscolare” della guerra fredda e i primi tentativi di distensione internazionale.
Scritto da Aldo Onorati
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