L’istruzione “privatizzata”
I tagli all’istruzione pubblica continuano a colpire sempre di più non solo il sistema universitario italiano ma anche quello britannico, canadese e cileno. Al momento i finanziamenti pubblici non riescono a soddisfare le spese e le necessità delle strutture universitarie e il numero di studenti ai quali è possibile garantire un intero percorso universitario diminuisce costantemente. Le rette sono sempre più alte e le borse di studio sono sempre meno; infatti, ormai le tasse universitarie costituiscono la principale entrata economica utilizzata per sopperire a quasi tutte le spese.
Il linguista Noam Chomsky ha descritto la situazione in cui versano le università pubbliche con queste parole: «Nell’ideale illuminista l’istruzione è un filo conduttore che gli studenti seguono a modo loro, sviluppando la propria creatività e libertà di pensiero.
L’alternativa che dobbiamo respingere, è quella del contenitore da riempire di nozioni che, come tutti sappiamo per esperienza, scivolano via facilmente. Quest’ultimo metodo prevede un insegnamento finalizzato solo agli esami e altri meccanismi che distruggono l’interesse degli studenti cercando di farli rientrare tutti in un modello facilmente controllabile. Esattamente quello che succede oggi.»
All’aumento delle tasse e all’insegnamento preformato si aggiungono le aziende che vorrebbero ‘mercificare’ le università e che più o meno apertamente influenzano la libertà e la qualità della formazione e dell’istruzione. Il rischio è di imitare il sistema universitario statunitense nel quale gli studenti si indebitano per anni e dove i manager sono sempre più numerosi e influenti nelle decisioni amministrative, determinando, insieme al propagarsi della “dottrina dell’efficienza”, la soppressione di corsi di studio che non permettono un tornaconto subitaneo agli atenei.
L’accesso all’istruzione è un diritto che va garantito a tutti e bisogna chiedersi se si è disposti ad assistere inermi alla trasformazione di questo diritto in un privilegio.
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