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L’INEFFICIENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.  ROMA E ALBANO LAZIALE A CONFRONTO

L’INEFFICIENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.  ROMA E ALBANO LAZIALE A CONFRONTO
Marzo 19
18:21 2023

Da un recente rapporto del Comune di Roma si apprende che il 17% delle delibere firmate dai dirigenti del Comune nel 2021 erano sbagliate o almeno inesatte. Le cose sono peggiorate nel tempo: nel 2017 la percentuale era dell’11%.

Una prima considerazione: se il 17% dei prodotti di un’azienda risultasse “fasullo”, l’azienda rischierebbe il fallimento, i dirigenti verrebbero messi di fronte alle proprie responsabilità, verosimilmente verrebbe loro ridotto lo stipendio e, magari, sarebbero licenziati. Ma nella pubblica amministrazione ciò non accade, l’”azienda” non può fallire, gli stipendi non si toccano, il posto fisso è sovrano. Vi è una situazione asimmetrica: il cittadino ha dei doveri e, se non li onora, è giustamente chiamato a rispettarli (vedi il caso del pagamento delle imposte e delle tasse che, al netto dell’evasione, vengono regolarmente pagate); la pubblica amministrazione che in teoria ha il dovere di rendere servizi con un coefficiente di qualità del 100%, se presenta uno “scarto di lavorazione” del 17% non paga pegno – e i cittadini ricevono il 17% di servizi in meno.

Il “flop” dei dirigenti romani è emerso dall’analisi, compiuta dal segretario comunale, di tutta una serie di atti amministrativi quali il mancato rispetto del principio di rotazione imposto dal codice dei contratti per non utilizzare sempre lo stesso fornitore, la scarsa chiarezza e l’incomprensibilità delle frasi del provvedimento, vizi di legittimità e carenze motivazionali e redazionali.

Il dato in esame riguarda soltanto la valutazione di tipo formale-istituzionale delle prestazioni dei dirigenti pubblici effettuata “in casa”. Se tale analisi venisse allargata, mediante un’analisi esterna e indipendente, al giudizio espresso dai cittadini sulla qualità del lavoro svolto dalla struttura amministrativa non v’è dubbio che il 17% schizzerebbe decisamente verso l’alto.

C’è da dire che le inefficienze della struttura amministrativa hanno alcune spiegazioni: la carenza di personale a fronte dell’aumento di atti da gestire e redigere, la diminuzione del numero di dirigenti, la crescente complessità dei problemi e la continua produzione legislativa e regolamentare.

Si possono fare paragoni tra Roma e Albano Laziale? Si può dire che se Roma piange Albano non ride. Ad Albano la situazione è, se possibile, peggiore di quella della Capitale. Ad Albano non risulta che sia stata mai effettuata un’analisi della funzionalità della struttura amministrativa del Comune non soltanto sotto l’aspetto formale-istituzionale ma, soprattutto, sotto quello dell’efficienza e dell’efficacia nell’erogazione dei servizi ai cittadini.

In più, vi sono state specifiche segnalazioni all’amministrazione comunale di provvedimenti amministrativi predisposti dai funzionari non solo errati, ma che negavano i diritti dei cittadini. Di fronte a segnalazioni relative alla fornitura di informazioni richieste secondo il potente strumento di controllo di cui dispongono i cittadini costituito dall’accesso civico generalizzato (decreto legislativo n. 33/2013), l’amministrazione non soltanto non ha preso i necessari provvedimenti, ma non ha nemmeno assolto l’obbligo di rispondere alle lettere protocollate.

L’esperienza mostra che in alcuni settori della burocrazia cittadina si riscontrano una scarsa professionalità, una insufficiente organizzazione, un atteggiamento dei dipendenti non coerente con il delicato lavoro che sono chiamati a svolgere (secondo la Costituzione, con disciplina e onore).

Nell’esaminare i problemi della gestione della macchina comunale non bisogna tuttavia buttare il bambino con l’acqua sporca. Evidenziare alcuni problemi è un conto, sostenere che tutto va male è un altro. Nel complesso sia a Roma come ad Albano la struttura comunale è formata da una maggioranza di dipendenti che, lavorando con impegno e dedizione, “tirano la carretta” anche a dispetto di mille difficoltà come colleghi che pensano più allo stipendio che al privilegio di servire la comunità, amministratori inadeguati, carenza di risorse strutturali. Si può dire che il motore dell’amministrazione comunale va a tre cilindri, anziché a quattro.

Ciò che soprattutto manca è la capacità degli amministratori di garantire i diritti dei cittadini intervenendo con azioni correttive – di formazione professionale, di miglioramento dell’organizzazione e, quando necessario, disciplinari – per far salire decisamente il fatidico 17% di “scarti di produzione”. Manca soprattutto la tensione morale e civile che deve essere la stella polare per coloro che stanno “su al Comune” – dipendenti, politici – e che hanno l’alta missione di servire il bene della comunità. E la sfiducia nei confronti di chi gestisce la cosa pubblica si vede con l’astensionismo alle elezioni, con grande gioia del tiranno Putin che dipinge le democrazie come corrotte e decadenti.

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